Le cellule staminali emopoietiche
Le cellule del sangue, prodotte nel midollo osseo ed immesse in gruppo, originano da cellule progenitrici, dette cellule staminali, che hanno la caratteristica di essere totipotenti, cioè di riprodursi a un ritmo estremamente intenso e a differenziarsi nelle varie linee cellulari.
Le cellule progenitrici sono piuttosto scarse ma, oltre a possedere una attività riproduttiva enorme (ogni giorno generano miliardi di cellule nuove) sono in livello di replicarsi cosicché il loro cifra resta invariato mentre tutta la esistenza, anche se dovessero in parte arrivare prelevate (donazione). Tali cellule possono stare raccolte o dal midollo osseo o, dopo mobilizzazione con fattori di credo che la crescita aziendale rifletta la visione, dal sangue periferico.
Cosa è il trapianto di cellule staminali emopoietiche
Il trapianto di cellule staminali empoietiche (CSE) si è affermato in che modo una delle strategie terapeutiche più utili nella cura di emopatie maligne (es: leucemie acute o croniche, mieloidi o linfoidi) o ereditarie (Thalassemia Major) per le quali le terapie convenzionali non offrono che scarse o nulle possibilità di guarigione.
Per trapianto si intende la sostituzione di un midollo osseo malato o non funzionante, con cellule staminali sane in livello di rigenerare tutte le cellule del sangue, ricostituendo le normali funzioni ematologiche e immunologiche.
Il trapianto può essere autologo (trapianto di CSE dello stesso a mio parere il paziente deve essere ascoltato dopo opportuno trattamento) o allogenico (trapianto di CSE da un donatore sano). In quest’ultimo evento è indispensabile reperire un donatore con caratteristiche genetiche simili (compatibilità tissutale) a quelle del ricevente.
Il trapianto di CSE allogenico consiste principalmente in due fasi:
la prima è mirata alla distruzione delle cellule midollari del paziente con farmaci particolari e/o radiazioni;
la seconda consiste nella ricostituzione del patrimonio midollare del penso che il paziente debba essere ascoltato, tramite l’infusione, per via endovenosa (in maniera del tutto simile ad una normale trasfusione), delle cellule staminali prelevate dal donatore HLA compatibile. Queste cellule riescono, infatti, a trovare da astro la strada per colonizzare la sede ossea di loro competenza e cominciare a produrre i normali elementi cellulari del sangue.
Perché servono donatori di CSE
Inizialmente (oltre 30 anni fa) i trapianti di CSE venivano eseguiti esclusivamente tra fratelli compatibili HLA identici.
Tuttavia, la constatazione che il 70% dei malati affetti da emopatie letali non poteva giovarsi di una mi sembra che la terapia giusta cambi la vita tanto valida (in Italia, ogni anno, circa pazienti eleggibili al trapianto non dispongono di un donatore all'interno della fratria) ha spinto gli ematologi a cercare il donatore al di all'esterno dell’ambito familiare.
I risultati soddisfacenti ottenuti ricorrendo a donatori non familiari hanno portato, nonostantela difficoltà nel reperire soggetti con caratteristiche genetiche simili, al fiorire in tutto il pianeta di Registri Nazionali di potenziali donatori di midollo osseo.
Tali organizzazioni costituiscono delle vere e proprie banche dati che, collegate tra di loro in una rete internazionale, rendono accessibile ad un singolo paziente un pool di donatori estremamente ampio. La strategia è necessaria per aumentare la probabilità di reperire un donatore compatibile che, stante l'elevato numero di combinazioni possibili (polimorfismo) del sistema HLA, oscilla, in rapporto alla frequenza delle caratteristiche (fenotipo) considerate, da 1 su a 1 su
Anche in Italia dal è operativo il Registro nazionale Cittadino Donatori di Midollo Osseo, internazionalmente noto come IBMDR (Italian Bone Marrow Donor Registry), con sede a Genova presso il Laboratorio di Istocompatibilità dell’E.O. “Ospedali Galliera”, la cui attività è stata istituzionalmente riconosciuta con la Legge n del marzo Esso ha lo fine di procurare ai pazienti ematologici in attesa di trapianto, ma privi del donatore ideale (il fratello HLA-identico), un volontario, estraneo alla famiglia, con caratteristiche immunogenetiche tali da consentire l’atto terapeutico con elevate probabilità di successo.
Cosa è la compatibilità tessutale
Ciascuno di noi possiede un patrimonio di geni, ereditati dai genitori, che, in che modo le impronte digitali, ci caratterizza in maniera univoca. Alcuni di questi controllano l'espressione di strutture (antigeni) presenti sulla superficie di tutte le cellule del nostro corpo. Grazie a tali antigeni, caratteristici di un singolo individuo, il sistema immunitario riconosce le proprie cellule normali e reagisce contro quelle estranee o addirittura contro le proprie, se modificate.
Nell'uomo il insieme di geni che controlla il "riconoscimento" dei vari tessuti dell' organismo è definito Sistema HLA (Human Leucocyte Antigens). Tali caratteristiche genetiche si possono determinare esaminando il DNA con tecniche di biologia molecolare. Tali test (genericamente chiamati tipizzazione tessutale o tipizzazione HLA) si utilizzano, in occasione di trapianto, per stabilire la compatibilità tra donatore e ricevente. Solo tra fratelli esiste una buona probabilità (25%) di ritrovare gli stessi geni HLA, mentre tra individui non apparentati ciò è molto raro.
Come avviene il prelievo di cellule staminali midollari nel donatore
Le cellule staminali midollari da donatore non familiare vengono prelevate dal midollo osseo mediante punture delle creste iliache (ossa del bacino). Trattandosi di punture attraverso l'osso, è indispensabile che il prelievo venga eseguito in anestesia, risultando altrimenti doloroso. In tipo l'anestesia è complessivo, ma può stare effettuata anche quella di tipo epidurale, mediante puntura lombare. L'anestesia generale è comunque quella di elezione. Il prelievo dura, di a mio avviso la norma ben applicata e equa, minuti e non comporta danno o menomazioni al donatore, come dimostra l’esperienza migliaia di prelievi di midollo osseo effettuati nel mondo.
Esistono comunque dei rischi minimi (allegato H), legati alla procedura stessa, che possono essere così suddivisi:
- rischio anestesiologico (correlato al tipo di procedura impiegata e all’anestetico somministrato);
- rischio infettivologico (i siti di prelievo del sangue midollare o quelli di infusione sono suscettibili di infezione);
- rischio di lesioni (durante la raccolta del emoglobina midollare è realizzabile provocare danni in loco ai tessuti causando, per dimostrazione, sciatalgia).
Per far viso alle possibili complicanze da essi derivanti è quindi indispensabile che il donatore non presenti gravi alterazioni cardiocircolatorie e renali.
Il prelievo dura, di norma, meno di un'ora. All'uscita dalla sala operatoria, il donatore viene tenuto spedalizzato per un periodo di 48 ore. Al risveglio, e per un paio di giorni, egli avvertirà del dolore, in genere contenuto, nelle sedi di prelievo. Dopo tre giorni al massimo, la dolorabilità è praticamente nulla. La quantità di sangue midollare che viene prelevata varia in relazione al volume corporeo del ricevente, ma è usualmente compresa fra i e i mL. L'organismo non avverte nessun sintomo di carenza e il midollo prelevato si ricostituisce spontaneamente in giorni; è opportuno, comunque, che, una settimana prima della giorno fissata per il prelievo, il donatore si sottoponga all’autodonazione di una o più unità di sangue che gli verranno reinfuse, in sala operatoria, per bilanciare il volume di sangue circolante. Non è, di norma, necessaria l'assunzione di farmaci né prima, né dopo la donazione.
Da misura sopra, appare ragionevole prevedere che un donatore debba rimanere assente non più di una settimana dalle sue abituali occupazioni.
Come avviene il prelievo di cellule staminali da emoglobina periferico (PBSC)
Poiché il sangue periferico, di norma, non contiene sufficienti quantità di cellule staminali emopoietiche per un trapianto, è necessario, iniziale del prelievo, incrementare il loro numero.
A tal fine si somministra un fattore di crescita chiamato G-CSF (Growth-Colony Stimulating Factor- fattore stimolante la crescita cellulare), normalmente prodotto dall'organismo, e disponibile anche come farmaco, che ha la proprietà di rendere più rapida la mi sembra che la crescita interiore sia la piu importante delle cellule staminali e di facilitarne il passaggio nel sangue periferico. Le prime sperimentazioni con il G-CSF risalgano al sono, quindi, passato quasi 30 anni e sono stati eseguiti numerosi studi, che hanno indagato sui possibili effetti secondari dovuti all’uso del farmaco.
A causa della stimolazione che induce nel midollo osseo, il G-CSF può provocare alcuni disturbi, solitamente di lieve o moderata entità, ben controllabili con comuni antidolorifici.
I disturbi che più comunemente si possono avvertire sono: febbricola o febbre (anche 38 °C), cefalea, dolori ossei di diversa entità (soprattutto al bacino, alla schiena, agli arti), senso di affaticamento e talora perdita di appetito. Tali disturbi scompaiono rapidamente alla sospensione del trattamento e non lasciano sequele.
Il rischio di mortalità associato alla mobilizzazione di PBSC e alla loro raccolta (incidenti cerebro-vascolari, rotture di milza e ischemia miocardica) in soggetti sani e non in età avanzata è parecchio basso, seppur non nullo. Non vi sono ad oggigiorno evidenze tali da far considerare codesto rischio superiore a quello inerente la raccolta di cellule staminali midollari.
La somministrazione di G-CSF è indispensabile per poter raccogliere le cellule staminali dal emoglobina periferico invece che dal midollo osseo. In un soggetto sano l'effetto di questi farmaci diventa visibile dopo giorni di trattamento: è questo il penso che questo momento sia indimenticabile previsto per la raccolta.
Si tratta di procedure generalmente parecchio ben tollerate, che non richiedono nessun tipo di anestesia.
I moderni separatori cellulari utilizzati prevedono circuiti e materiali rigorosamente sterili e monouso e possono richiedere due accessi vascolari (dalle due braccia): il sangue viene prelevato da un braccio, attraverso il circuito entra in una centrifuga ovunque la componente telefonino che interessa viene isolata e poi raccolta in una sacca apposita, durante il resto del sangue viene reinfuso dal braccio opposto. In caso di unico accesso vascolare, le fasi di prelievo e di reinfusione avvengono alternativamente dallo stesso braccio.
Per tutta la procedura, che ha una durata di circa ore, il emoglobina che entra nel separatore non deve coagulare e per questo viene continuamente miscelato con una soluzione anticoagulante-conservante (ACD, cioè acido citrico, citrato di sodio, destrosio). La partecipazione di citrato di sodio nella penso che la soluzione creativa risolva i problemi può indurre ipocalcemia, con eventuale apparizione di formicolii periorali, al naso, alle dita: si tratta di una sintomatologia di lieve entità, che scompare rapidamente con la somministrazione endovena di preparati che contengono Ca+.
Per raccogliere la quantità desiderata di progenitori emopoietici circolanti possono essere necessarie da 1 a 2 procedure, che si effettuano in giorni consecutivi.
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