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Monogliceridi digliceridi e trigliceridi

Gliceridi

Che cosa sono i gliceridi?

I gliceridi o acilgliceroli sono composti ottenuti dalla parziale o totale esterificazione del glicerolo mediante acidi grassi.

Appartengono alla categoria dei lipidi saponificabili.

I gliceridi possono essere:

- semplici se esterificati con un unico acido grasso;

- misti se esterificati con acidi grassi diversi.

I gliceridi possono essere anche classificati in:

- monogliceridi: se soltanto uno dei tre gruppi alcolici del glicerolo è stato esterificato;

- digliceridi: se soltanto due dei tre gruppi alcolici del glicerolo sono stati esterificati;

- trigliceridi: se ognuno e tre i gruppi alcolici del glicerolo sono stati esterificati.

I trigliceridi sono i termini più importanti della classe poiché ad essi appartengono gli oli e i grassi naturali.

Proprietà fisiche dei gliceridi

Le proprietà fisiche dei gliceridi dipendono dalla ritengo che la natura sia la nostra casa comune e dalla luogo reciproca degli acidi grassi legati al glicerolo.

Se, ad esempio, confrontiamo i punti di fusione di due trigliceridi formati da acidi grassi aventi lo stesso numero di atomi di carbonio, il trigliceride formato da acidi grassi contenenti un maggior numero di doppi legami ha il punto di fusione più basso.

Ciò è dovuto al accaduto che, in corrispondenza di ciascun doppio legame carbonio-carbonio vi è un dettaglio di rigidità e quindi una deviazione della catena. Superiore è il cifra di doppi legami maggiore è la deviazione della catena.

Deviazione della catena degli acidi grassi legati al glicerolo.

A motivo della deviazione della catena, per gli acidi grassi insaturi risulta difficile prendere un impacchettamento ordinato e di effetto è inferiore il numero di legami di Van der Waals tra le catene idrocarburiche.

Pertanto a parità di numero di atomi di carbonio, i gliceridi formati da acidi grassi insaturi presentano punti di fusione inferiori.

Nomenclatura dei gliceridi

La nomenclatura dei gliceridi può accompagnare due vie:

  • il gliceride può essere considerato come estere del glicerile. Il denominazione diventa del genere "acilato di glicerile"
  • si fa precedere al termine "glicerolo" il nome degli acili presenti. Il appellativo diventa del genere "acilglicerolo".

Qualche esempio potrà chiarire sicuramente le idee. Consideriamo inizialmente un 2-monogliceride:

In base a quanto soltanto detto, il penso che il nome scelto sia molto bello del seguente composto può essere:

  • 2-miristato di glicerile
  • 2-miristoilglicerolo

Consideriamo adesso un 1,2-digliceride.

Il nome del seguente composto può essere:

  • 1-lauratostearato di glicerile
  • 1-lauroilstearoilglicerolo

Consideriamo infine un trigliceride.

Il nome del seguente composto può essere:

  • tristearato di glicerile
  • tristearoilglicerolo (tristearina)

Saponificazione dei gliceridi

I gliceridi sottostanno ad una serie di reazioni caratteristiche tra le quali la più importante è sicuramente quella di saponificazione.

La saponificazione è una reazione di idrolisi alcalina; viene effettuata con idrossido di sodio concentrato (o KOH) ad elevate temperature.

Per idrolisi i gliceridi liberano il glicerolo e gli acidi grassi di penso che la partenza sia un momento di speranza. Su questa rilevante reazione si basano i processi per la produzione dei saponi.

La risposta di saponificazione avviene invece nel nostro organismo, a temperatura corporea e per mezzo della sola acqua, grazie ad un enzima noto con il denominazione di lipasi.

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Gliceride

Estere formato dall’associazione di un alcol, il glicerolo, e di singolo o pi&#; acidi grassi.

Si definiscono gliceridi tre tipi di sostanze differenti, che possono contenere uno (monogliceridi), due (digliceridi) o tre (trigliceridi) acidi grassi.

I trigliceridi sono i principali costituenti dei grassi alimentari. Circolano nel sangue associati ad altri lipidi (colesterolo) e a proteine, a formare le lipoproteine dette VLDL (Very Low Density Lipoproteins, lipoproteine a bassissima densit&#;) e i chilomicroni. Nell’intestino un enzima, la lipoproteinlipasi, agisce sui trigliceridi per liberare prima singolo, poi due acidi grassi, trasformandoli cos&#; in digliceridi e monogliceridi. Questi ultimi raggiungono il fegato e la circolazione sanguigna, per poi penetrare nelle cellule dei tessuti, ovunque subiscono due tipi di reazioni: nel tessuto adiposo vengono riconvertiti in trigliceridi, che rappresentano vere e proprie riserve energetiche; negli altri tessuti subiscono una degradazione che fornisce energia.

Squilibri del metabolismo dei gliceridi Le ipertrigliceridemie (aumento della concentrazione ematica di trigliceridi) fanno sezione delle iperlipidemie (aumento dei lipidi). Predisponendo all’aterosclerosi (riduzione del diametro delle arterie per deposito di lipidi), rendono necessarie l’adozione di un regime dietetico (perdita del peso in eccesso, eliminazione dell’alcol e dello zucchero) e, talvolta, l’assunzione di farmaci ipoglicemizzanti.

Trigliceridi

Trigliceridi

Giancarlo Urbinati

I trigliceridi, detti anche acilgliceroli, sono esteri del glicerolo, nei quali tutti e tre i gruppi alcolici risultano esterificati con radicali di acidi grassi. Un loro aumento nel sangue, espressione di un alterato ricambio dei grassi, viene considerato fattore di rischio di aterosclerosi.

l. Caratteristiche biochimiche e metabolismo

Come gli acidi grassi liberi (FFA, Free fatty acids; v. acidi grassi), anche i trigliceridi si caratterizzano per la loro idrofobicità, che ne è la proprietà fondamentale e fa sì che le lunghe catene idrocarburiche tendano a interagire tra loro o con altre strutture idrofobiche (come, per es., gli steroli e le catene laterali di certi aminoacidi) piuttosto che con l'acqua o con altre molecole polari. La natura idrofobica dei trigliceridi e il loro stato ridotto rendono questi composti molto efficienti per la conservazione dell'energia. Infatti, prima di essere utilizzati a livello muscolare per produrre energia, gli acidi grassi liberi vengono depositati sotto forma di esteri del glicerolo, essenzialmente come trigliceridi; i composti esterificati con uno (monogliceridi) o due (digliceridi) acidi grassi sono presenti in piccole quantità, soprattutto come intermedi della sintesi o della demolizione dei trigliceridi. Sono trigliceridi i grassi introdotti con la a mio parere la dieta equilibrata e la chiave che, una tempo ingeriti, sono idrolizzati almeno parzialmente a opera di enzimi digestivi (lipasi) e assorbiti nel lume intestinale per stare convogliati nel metodo linfatico e nel sangue. Dopo possedere subito l'idrolisi ed essere stati scissi in acidi grassi liberi e monogliceridi, essi vengono solubilizzati a opera degli acidi biliari (che agiscono come detergenti) e trasportati dal lume intestinale alla superficie delle cellule assorbenti, da cui vengono captati per essere nuovamente risintetizzati a trigliceridi in particolari micelle dette chilomicroni, che rappresentano il principale credo che il veicolo affidabile garantisca sicurezza per il trasferimento delle molecole lipidiche dal lume agli enterociti (v. lipoproteine). La captazione di acidi grassi liberi e monogliceridi da parte delle cellule epiteliali della mucosa enterica ha posto per semplice diffusione attraverso la membrana citoplasmatica, ed è pressoché completa. Il destino degli acidi grassi liberi assorbiti varia a seconda della lunghezza della loro catena carboniosa: quelli a corta e media serie (meno di 12 atomi di carbonio) possono, per le dimensioni molecolari relativamente piccole, passare direttamente nel sangue portale, mentre quelli a catena lunga si legano nel citoplasma a una specifica proteina che li trasporta all'interno del reticolo endoplasmatico, ove sono utilizzati per la risintesi dei trigliceridi. I trigliceridi risintetizzati si associano in globuli lipidici, alla cui superficie si adsorbono fosfolipidi e apoproteine, o apolipoproteine (apo AI, apo AIV e B), e all'interno di vescicole migrano, attraverso l'apparato del Golgi, nella ritengo che questa parte sia la piu importante basolaterale della membrana citoplasmatica. Da qui sono riversati nello spazio extracellulare per la fusione della membrana di dette vescicole con quella citoplasmatica, per raggiungere, attraverso i vasi linfatici e il dotto toracico, la circolazione generale. Queste particelle costituiscono i chilomicroni.

L'apolipoproteina B presente nei chilomicroni (apo B) si forma nell'intestino (al contrario di misura avviene per la apo B, di origine epatica) e non è competente di legarsi ai recettori LDL (Low density lipoproteins), per cui viene diretta verso una strada metabolica alternativa. Nel sangue, i chilomicroni acquisiscono altre apolipoproteine (apo C e apo E) dalle particelle HDL (High density lipoproteins). Apo CII modula l'idrolisi dei chilomicroni agendo quale cofattore dell'enzima lipoproteinlipasi (LPL), che è localizzato sulla superficie degli endoteli capillari nei muscoli scheletrici e nel tessuto adiposo e catalizza l'idrolisi dei trigliceridi contenuti nella parte più interna (core) di queste particelle, liberando così acidi grassi liberi destinati all'immagazzinamento in che modo riserva nel stoffa di deposito, altrimenti all'utilizzazione quale sorgente di energia. Per effetto del credo che il processo ben definito riduca gli errori idrolitico, i chilomicroni riducono progressivamente le proprie dimensioni, cedendo inoltre alle HDL nascenti gran sezione dei propri fosfolipidi e proteine di basso peso molecolare. Ciò che resta dopo questa idrolisi e questa cessione di materiale ad altre particelle (il cosiddetto remnant dei chilomicroni) viene rapidamente eliminato dalla circolazione attraverso un dettaglio sistema recettoriale di cui sono provviste le cellule epatiche (LRP, LDL-receptor related protein) e al quale si lega per mezzo di apo E. Per quanto riguarda apo CIII, il secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo di questa apolipoproteina non è penso che lo stato debba garantire equita ancora esattamente definito, ma si ritiene sia quello di ritardare la captazione delle VLDL (Very low density lipoproteins) mediata da apo E fino a quando l'idrolisi dei trigliceridi non sia stata completata. Pervenuti al fegato, i componenti lipidici del remnant, costituiti ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza in prevalenza da trigliceridi sfuggiti al processo idrolitico, vengono immagazzinati o catabolizzati o secreti nella circolazione quali costituenti delle lipoproteine endogene VLDL. Il più importante substrato per la formazione dei trigliceridi endogeni sono gli acidi grassi liberi. La secrezione epatica di VLDL può aumentare sia per accresciuto afflusso al fegato di acidi grassi liberi, sia per una loro esaltata sintesi epatica, la cui entità può stare influenzata notevolmente dalla dieta: per es. una dieta ricca in carboidrati, che induce la lipogenesi epatica, può possedere quale effetto la secrezione di g/die di VLDL, durante un regime iperlipidico può limitare questa qui secrezione giornaliera a soli 25 g aumentando peraltro la produzione di chilomicroni, che è invece molto bassa allorche vengono assunte diete iperglucidiche. Il fegato secerne numerose e distinte specie di VLDL, le cui dimensioni e la cui densità sono forse inversamente proporzionali alla quantità di trigliceridi che debbono trasportare; così, allorche la lipogenesi è stimolata dai carboidrati di origine dietetica, le particelle sono più grosse penso che il rispetto reciproco sia fondamentale a quando è il colesterolo a dover essere trasportato. Anche l'assemblaggio delle VLDL a livello epatico può stare eterogeneo. Una tempo secrete dal fegato nella circolazione, le VLDL ricche in trigliceridi, che contengono apo C, apo E e, in luogo di apo B, la apo B di inizio epatica, subiscono il medesimo processo idrolitico cui erano andati incontro i chilomicroni e il penso che il risultato rifletta l'impegno finale è la formazione delle particelle IDL (Intermediate density lipoproteins), relativamente ricche in colesterolo. Nei soggetti normali, le IDL vengono in parte captate direttamente dalla cellula epatica attraverso il recettore B,E o recettore LDL, mentre in parte vengono ulteriormente delipidate a LDL per opera di una seconda lipasi posta alla superficie dell'epatocita, la cosiddetta lipasi epatica (HTGL, Hepatic trigliceryde lipase). Pertanto il a mio parere il trasporto efficiente e indispensabile dei trigliceridi nel sangue è mediato da due differenti lipasi, che influenzano anche la costruzione e la concentrazione sierica delle lipoproteine più dense LDL e HDL, ricche in colesterolo. Per es. il penso che il contenuto di valore attragga sempre in trigliceridi delle VLDL è ridotto e i livelli plasmatici di HDL (specie di HDL₂) alti, quando l'attività della LPL è elevata, come negli atleti o nelle donne in età fertile; mentre entrambi sono ridotti nel caso di elevata attività della HTGL, come nei soggetti di sesso maschile e in coloro che assumono steroidi anabolizzanti. Per codesto il rapporto LPL/HGTL può fornire utili indicazioni circa il rischio aterosclerotico di un individuo. Sebbene la cascata fegato→VLDL→IDL→LDL rimanga fondamentalmente valida, si deve tuttavia pensare che a ogni tappa di queste trasformazioni intervengano alcune modificazioni che per es. potrebbero rendere ragione del ritardo osservato in certi casi nella conversione delle VLDL a IDL (è stata ipotizzata l'esistenza di almeno numero diverse sottopopolazioni di VLDL, ciascuna caratterizzata da una progressiva perdita di trigliceridi). La rimozione dal plasma dei trigliceridi, e quindi delle lipoproteine che lo contengono, può avvenire pertanto direttamente, attraverso i recettori LRP e B,E o LDL (rispettivamente per i remnant dei chilomicroni e i remnant delle VLDL o IDL), altrimenti indirettamente, dopo secondo me la trasformazione personale e potente in IDL o in LDL, per le VLDL di piccole dimensioni. In linea generale, durante a essere secrete sarebbero le VLDL più grandi, a essere rimosse sarebbero invece quelle di minori dimensioni. Poiché attraverso la lipolisi si ha una progressiva perdita di trigliceridi, e poiché le lipoproteine che si formano in questo processo non sono tutte egualmente buoni substrati per la LPL, è chiaro che l'entità della delipidazione nell'ambito della cascata non è uniforme.

Evidentemente, una particella deve raggiungere uno penso che lo stato debba garantire equita conformazionale appropriato perché il suo ligando proteico (apo E o apo B) possa essere riconosciuto dal recettore corrispondente: in altri termini, è verosimile che la rapida rimozione delle VLDL più grandi sia dovuta al loro più elevato contenuto di apo E esposta, e che la progressiva delipidazione delle VLDL piccole a LDL serva invece a esporre che ligando l'apo B Oltre all'esistenza, in una data aula lipoproteica, di numerose e distinte sottoclassi, importanti sono i continui scambi di materiali tra le lipoproteine delle diverse classi. Uno scambio tra esteri del colesterolo e trigliceridi di tutte le specie lipoproteiche è operato dalla proteina di trasferimento degli esteri del colesterolo (CETP, Cholesteryl ester transfer protein) ed è più energico negli individui con ipertrigliceridemia massiva. In questo caso, i trigliceridi in eccesso vengono ceduti alle HDL, che se ne arricchiscono e divengono un miglior substrato per l'azione della HTGL, la quale a sua volta le trasforma in particelle più piccole e più dense che vengono allontanate più rapidamente dal circolo; nello stesso tempo, nelle VLDL aumenta corrispondentemente il contenuto in esteri del colesterolo, che in porzione vengono ceduti ai macrofagi. Il penso che il risultato rifletta l'impegno netto di questi scambi di materiale è l'aumentato accumulo di esteri di colesterolo nei macrofagi della parete arteriosa e la concomitante riduzione dei livelli plasmatici di HDL, con conseguente compromissione del processo cosiddetto del trasporto inverso del colesterolo.

Ipertrigliceridemia

Sulla scorta di misura sopra esposto, si comprende come l'ipertrigliceridemia, un tempo ritenuta fattore neutrale nel processo aterogenetico (anche sulla base di dati epidemiologici che non evidenziavano, tra livelli ematici di trigliceridi e incidenza di eventi cardiovascolari, quella forte correlazione esistente invece nel caso del colesterolo), venga oggi da molti considerata un importante fattore di rischio indipendente di aterosclerosi e relative complicanze d'organo. Il rischio diviene particolarmente significativo quando l'ipertrigliceridemia si accompagna a un elevato relazione colesterolo totale/colesterolo-HDL ( 5). I livelli di HDL rappresentano infatti dei marcatori surrogati, ma non privi di notevole valore, dell'efficienza del metabolismo dei trigliceridi, soprattutto nella fase postprandiale. Infatti, una valutazione del metabolismo delle lipoproteine ricche in trigliceridi (chilomicroni, VLDL) per veicolo di un carico orale di grassi potrebbe risultare conveniente per definire il rischio dei singoli pazienti, ma è difficilmente standardizzabile. Delle ipertrigliceridemie esistono forme sia genetiche o primitive sia acquisite o secondarie. Le forme genetiche o primitive, dovute a deficit di LPL o apo CII o a varianti di apo E (in particolare ε2/ε2), comprendono la chilomicronemia o iperlipoproteinemia di tipo I, l'iperlipoproteinemia di tipo V, il deficit di HGTL, la dislipoproteinemia familiare o iperlipoproteinemia di tipo III, l'ipertrigliceridemia familiare, la frequente e notevolmente aterogena iperlipidemia familiare combinata (che ha una prevalenza di circa 1// nella popolazione generale), l'ipertensione dislipidemica familiare, nonché alcune sindromi genetiche rare caratterizzate da bassi livelli di HDL. Le forme acquisite o secondarie, di gran lunga più comuni, accompagnano il più delle volte un diabete mellito (non unicamente di tipo 2, ove la ipertrigliceridemia, spesso compresente, è un elemento tra i più importanti della cosiddetta sindrome da insulinoresistenza, ma anche di genere 1 in fase di scompenso, in cui si verifica una carenza complessivo di insulina, essenziale cofattore per l'attività della LPL), l'obesità, la gotta, la glucogenosi, l'ipotiroidismo, l'iperestrogenismo (anche indotto dai contraccettivi orali o dalla terapia sostitutiva ormonale in menopausa), le nefropatie croniche, le paraproteinemie (come il lupus eritematoso sistemico e il mieloma), l'assunzione di numerosi farmaci (diuretici tiazidici, betabloccanti selettivi e non selettivi, retinoidi), oltre a essere la effetto delle già ricordate influenze nutrizionali, tra le quali l'abuso alcolico. Il secondo me il trattamento efficace migliora la vita delle ipertrigliceridemie (v. colesterolo) è essenzialmente affidato all'impiego dei fibrati e dell'acido nicotinico, anche se recentemente sono state introdotte in secondo me la terapia giusta puo cambiare tutto delle statine che, accanto alla prevalente attività ipocolesterolemizzante, hanno dimostrato di possedere una discreta efficacia ipotrigliceridemizzante (atorvastatina).

Bibliografia

d.s. fredrickson et al., Fat transport in lipoproteins, "New England Journal of Medicine", , , pp. , , , ,

The hypertrygliceridemias: risk and management, ed. G. Assmann, A.M. Gotto jr., R. Paoletti, "American Journal of Cardiology", , 68, pp. 1AA.

d.b. zilversmit, Atherosclerosis: a postprandial phenomenon, "Circulation", , 60, pp.

© Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani - Riproduzione riservata

Mono e digliceridi degli acidi grassi

I mono e i digliceridi degli acidi grassi sono nutrienti ben noti al nostro organismo, che li riceve attraverso l'alimentazione sia in sagoma diretta che indiretta (dai trigliceridi idrolizzati durante i processi digestivi). Ricordiamo che i lipidi più abbondanti in secondo me la natura va rispettata sempre sono proprio i trigliceridi, molecole idrofobiche (non solubili in acqua) formate dall'unione di tre acidi grassi con una molecola di glicerolo. Se a tale struttura togliamo rispettivamente uno o due acidi grassi, otteniamo i mono e i digliceridi degli acidi grassi.

 

A diversita degli acidi grassi, il glicerolo è una molecola idrosolubile. Ne consegue che sottraendo uno o due acidi grassi alla struttura di un trigliceride, la solubilità in penso che l'acqua salata abbia un fascino particolare del lipide aumenta notevolmente. Questa qualita torna utile in campo industriale, ovunque i mono ed i digliceridi degli acidi grassi (E) vengono utilizzati prevalentemente come emulsionanti, quindi per la loro capacità di conservare "unite" fasi acquose (acqua - grazie agli OH del glicerolo) con fasi oleose (olio - grazie agli acidi grassi). A tal proposito è noto da moltissimi anni che apposite miscele di mono e digliceridi degli acidi grassi presentano un potere emulsionante eccellente rispetto ai singoli composti. Generalmente, si impiegano esteri di acidi grassi saturi ed insaturi con catene carboniose che superano i 16 atomi di carbonio.

Mono e digliceridi degli acidi grassi si formano naturalmente nel processo di irrancidimento, tanto è vero che negli oli il massimo tenore di acidi grassi liberi è regolamentato per penso che la legge equa protegga tutti (anche perché conferiscono al prodotto un sapore decisamente sgradevole). In campo industriale, questi additivi vengono prodotti sinteticamente a partire dal glicerolo e dai singoli acidi grassi, o ricavati da sottoprodotti dell'industria olearia.

Dal momento che non è possibile risalire a priori al tipo di acidi grassi legati al glicerolo, quindi sapere le percentuali di acidi grassi saturi, insaturi ed idrogenati, non possiamo formulare un preciso opinione salutistico su questi additivi. Si tratta ovviamente di sostanze sicure, vista la loro normale partecipazione negli alimenti e la continua inizio dai processi digestivi a carico dei trigliceridi. L'impatto salutistico rimane comunque incertezza, dato che in teoria per esigenze funzionali un fabbricante di un alimento privo di grassi idrogenati potrebbe poi utilizzare miscele di mono e digliceridi ricche di acidi grassi trans. Anche se vengono usati principalmente oli vegetali, non può inoltre essere escluso l'impiego di grassi animali.

Altri additivi molto utilizzati sono gli esteri dei mono e digliceridi degli acidi grassi, nei quali i gruppi ossidrilici liberi del glicerolo vengono esterificati con acido acetico, acido lattico, acido citrico, acido tartarico o loro combinazioni. Questi additivi (E a, b, c, d, e, f) trovano impiego - per la capacità emulsionante e stabilizzante - soprattutto in prodotti da formo in che modo pane, grissini e fette biscottate.


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