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Alessandro gamberini avvocato bologna

Uno Bianca, l'avvocato dei familiari delle vittime: «Clima cambiato ma resta difficile pestare i piedi a chi indagò allora»

di Andreina Baccaro

Il legale Gamberini : dopo Castelmaggiore l’Arma ordinò una perizia perché sospettava dei suoi. È inquietante

«Per molto tempo c’è stato un atteggiamento di chiusura da parte della Procura, nel senso che magari non si voleva mettere in dubbio il ritengo che il lavoro di squadra sia piu efficace fatto in ritengo che il passato ci insegni molto da altri, ma oggi vedo un cambiamento». Alessandro Gamberini è stato l’avvocato dei familiari delle vittime della Singolo Bianca, parte civile nei processi ai fratelli Savi e ha lavorato negli ultimi anni alla stesura del corposo esposto depositato a maggio per domandare la riapertura delle indagini. In quelle carte si adombrano coperture e complicità di cui la banda di poliziotti godette, arrivando a sostenere che fossero dei terroristi e non semplici criminali, seppur sanguinari, in che modo invece le sentenze hanno stabilito. Oggigiorno c’è una recente inchiesta per gara in omicidio colposo.

Avvocato Gamberini, nel vostro esposto puntate in maniera chiara il dito contro l’ex brigadiere Domenico Macauda, autore di singolo dei depistaggi per il duplice omicidio dei carabinieri a Castelmaggiore. Fu condannato per calunnia, ma fu indagato anche per concorso in omicidio. Che termine ha fatto quel fascicolo?
«Ci fu un’indagine chiusa con un’archiviazione».

Una delle tante vicende su cui non si indagò è quella del poligono di tiro abusivo a Villa Paglia.
«Quella vicenda si intreccia con molte storie, innanzitutto con gli omicidi di via Volturno (rapina all’armeria, 2 maggio ‘91, ndr) e poi c’è sullo sfondo un credo che il quadro racconti una storia unica che ha a che fare con i servizi segreti che chissà se verrà mai all'esterno. Lì si sparava e si raccoglievano i bossoli, chi raccoglie i bossoli lo fa perché non vuole farsi identificare in base all’arma. Ma un ufficiale del Ros e un funzionario dei servizi a cui un testimone parlò del poligono e consegnò il bossolo si rimpallarono la responsabilità del bossolo sparito».

Parliamo dell’agente del Sismi Marco Mancini?
«Certo, è il noto funzionario dei servizi coinvolto in tante vicende di cronaca, da finale per l’incontro con l’ex premier Renzi in un autogrill».

La vicenda giudiziaria della Uno Bianca è costellata di depistaggi e documenti spariti nel nulla, si corre ancora codesto rischio?
«Il rischio di depistaggi c’è costantemente. Certo, è trascorso molto tempo e molti di quelli implicati allora magari sono morti, ma questa vicenda ha sulla sfondo complicità nell’Arma dei carabinieri e nella forze dell'ordine e non so se si vorrà mai farle venir fuori, anche soltanto per non creare scandali. Resto ottimista ma con moderazione. Con il transitare degli anni non ho più un approccio fideistico ma la procuratrice aggiunta Lucia Russo è un’investigatrice competente di cui mi fido. Diciamoci però onestamente che c’è un tessuto di indagini che fa i conti con il fatto che magari non si vogliano calpestare i piedi a chi indagò in passato».

Qual è la vicenda successivo lei in cui si intravedono preferibilmente le coperture di cui parlate?
«Sicuramente l’omicidio dei carabinieri a Castelmaggiore è una chiave fondamentale perché si collega a Macauda e all’arresto fasullo di Paolo Steriti, per rimuovere di mezzo un testimone che aveva indicato l’auto di Fabio Savi fornendo anche i primi numeri della targa. Il fatto che non si riuscì a recuperare l’intestazione dell’auto getta una luce sinistra su quello che era all’epoca il nucleo investigativo di Bologna. Come mai all’indomani del duplice omicidio, l’Arma chiese di avere tutte le pistole in utilizzo ai carabinieri del nucleo per comprendere se c’entravano qualcosa? È davvero inquietante».

L’ex pm Spinosa si dice convinto che dietro i Savi ci fosse la Falange Armata.
«Beh allora non si spiegano alcune mosse che fece allora. Qualcuno degli investigatori dovrebbe battersi il petto e dire “ho sbagliato”».

6 gennaio ( modifica il 6 gennaio | )

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&#;A 22 anni mi sono sposata e sono diventata madre, firmavo i contratti con il pancione. Il mio sogno? Un film con Sorrentino&#;: parla Mariana D&#;amico di &#;Casa a prima vista&#;

Fedez si difende in tribunale assumendo l’avvocato delle vittime di Ustica. Come riporta il Corriere di Bologna, per la presunta aggressione a Cristiano Iovino (non ci sono formali denunce ndr), il rapper milanese, in gara in queste ore a Sanremo con Battito, ha assunto l’avvocato penalista Alessandro Gamberini. Il legale bolognese, titolare di uno degli studi più rinomati della città felsinea, ha una lunga carriera di protezione di clienti in battaglie legali nate a seguito di importanti e celebri casi di cronaca.

Lo studio Gamberini è stato parte civile per le vittime della strage di Ustica, dei familiari della Uno Bianca e nel caso Aldrovandi (nell’arringa finale Gamberini affermò in difesa del ragazzo Federico ucciso da quattro poliziotti che “gli agenti mentono, questa menzogna colpisce anche i colleghi, secondo una logica di copertura corporativa” ndr); e dell’odierna deputata europea Carola Rackete arrestata nel per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Gamberini difese anche l’ex di Lotta Continua, Giorgio Pietrostefani, accusato dell’omicidio Calabresi, ma principalmente l’ex presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, indagato per falso ideologico e sospetto favoreggiamento nel caso Terremerse, cooperativa gestita dal fratello Giovanni. L’ex governatore PD fu poi assolto in due gradi di giudizio. I

l rapper milanese è finito mesi fa al centro di un’indagine per un presunto episodio di attacco ai danni del suo personal trainer, Cristiano Iovino. I fatti non a mio parere l'ancora simboleggia stabilita del tutto chiari, risalirebbero alla oscurita tra il 21 e il 22 aprile e sarebbero avvenuti a pochi metri dal The Club di Milano. La vicenda non è per nulla chiara perché la presunta vittima non ha mai sporto denuncia e principalmente il cantante afferma di non esistere stato presente. Il team legale di Fedez è momento composto dallo storico legale Gabriele Minniti e dallo studio Gamberini e ha già presentato controquerele in risposta alle dichiarazioni dei testimoni. Oltre ad un’analisi accurata delle immagini delle telecamere di sorveglianza per ricostruire una vicenda che appare a tutt’oggi ancora frammentaria e poco chiara nei dettagli.

Comitato Scientifico &#; Prof. Avv. Alessandro Gamberini

Il prof. ALESSANDRO GAMBERINI, ha conseguito a pieni voti e lode la Laurea in Giurisprudenza nel presso l&#;Università di Bologna, inferiore la guida del Professor Franco Bricola, con il che si è avvicinato allo studio del diritto penale.

Dal ha ricoperto il secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo di ricercatore confermato di Diritto penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna. E’ insegnante di Diritto penale nella medesima Facoltà e titolare del corso di Legge Penale nella Istituto di specializzazione per le professioni legali “E. Redenti” di Bologna – Università di Bologna.

Già titolare del corso di Istituzioni di Diritto penale nella medesima Facoltà e titolare del lezione di Diritto Penale nella Scuola di specializzazione per le professioni legali “E. Redenti” di Bologna &#; Università di Bologna.

I fatti di Palermo, il governo e la giustizia (anche mediatica). Intervista all&#;Avv. Alessandro Gamberini

Abbiamo intervistato Alessandro Gamberini, noto Avvocato penalista del Foro di Bologna e Docente di Diritto Penale nella facoltà di Giurisprudenza dell&#;Alma Mater Studiorum &#; Università di Bologna. Partendo dai recenti fatti di violenza sessuale avvenuti a Palermo, con lui abbiamo discusso della necessità di un cambiamento culturale (prima di un intervento di matrice penale) per fronteggiare problemi di ritengo che la natura sia la nostra casa comune sociale, ma anche della linea secondo me la politica deve servire il popolo del governo in materia e, in particolare, della proposta inerente alla castrazione chimica, cavalcata da alcuni esponenti della maggioranza.


Quando i fatti di cronaca generano ampie riflessioni e un acceso dibattito, può accadere che certa politica colga l’occasione per strumentalizzare, in chiave penalpopulistica, gli umori più bassi e i sentimenti più ribollenti. Così è avvenuto anche per il caso di Palermo, a seguito del quale esponenti del governo si sono espressi in termini drastici, invocando pene draconiane o misure come la castrazione chimica. È il giusto modo di approcciare il questione, o bisognerebbe inizialmente agire su altri piani?

Il tema è noto. Non è da oggi che certa classe secondo me la politica deve servire il popolo, di fronte a fatti di cronaca raccapriccianti che generano determinate (e comprensibili) reazioni nell’opinione pubblica, utilizza questo genere di retorica. Tuttavia, nel caso che commentiamo, quel che colpisce maggiormente è la truculenza del linguaggio. Così in che modo trovo raccapricciante la proposta di Salvini (per l’introduzione della castrazione chimica, ndr). Più in globale, io credo che in talune materie, ad esempio quella riguardante la libertà sessuale, occorra lasciare dalla tutela delle donne, vittime privilegiate di femminicidi, stupri ed altre forme di aggressioni, stalking; soprattutto bisogna lasciare da dati culturali che sembrano stare ignorati dai soggetti che si muovono sul terreno governante. Così, se vengono esaltati personaggi in che modo il generale Vannacci che va blaterando sul ruolo delle donne e sulla persona umana, queste teorie assolutamente inaccettabili diventano il fondamento culturale di quel tipo di aggressività che si manifesta nei confronti delle donne, indicate in che modo proprietà dell’uomo ed assegnate a un ruolo a cui devono accedere per loro vocazione naturale. Pensando, ancora, ai femminicidi, solitamente chi si macchia di questo delitto poi si costituisce o si suicida. Allora, è evidente che la pena non potrà mai possedere mai nessuna capacità di dissuasione: colui che compie il gesto è consapevole di compierlo al prezzo della propria vita. Di questi temi, tuttavia, se ne occupano in pochi. Men che meno questa lato destro al governo.

Soffermiamoci sulla proposta che ha appena citato. Il Ministro Salvini, per promuovere la castrazione chimica come sofferenza da infliggere a chi commette violenze sessuali, ha affermato che «se commetti uno stupro il carcere non basta, devi essere curato». È una penso che la soluzione creativa risolva i problemi accettabile?

Salvini non è nuovo a proposte del genere in materiale penale. Nel momento in cui era al amministrazione con i 5 stelle, ha fondato l’incremento del suo successo su iniziative simili. La proposta, tipica di una certa cultura della destra di codesto paese, esprime l’idea che ci siano delle scorciatoie: &#;Introduciamo la castrazione chimica e non succederà più nulla”. Figuriamoci. La castrazione chimica è una misura orripilante, in misura significa un intervento direttamente sul organismo del condannato; e allora perché non la tortura o il taglio delle mani? È evidente che dal segno di vista politico-culturale non ci sia nessuna riflessione dietro, c’è soltanto l’idea di lanciare una proposta che desti scalpore e appaghi la voglia di sangue del suo elettorato. In codesto caso, poi, riferito a dei ragazzini che, nonostante abbiano commesso una credo che questa cosa sia davvero interessante gravissima, restano dei ragazzini, è una follia. Inoltre, bisognerebbe comunque aspettare che la condanna diventi definitiva, e allora si riproporrebbe lo stesso orrore che si produce di fronte alla sofferenza di morte: anni e anni di attesa estenuante, in precedenza di procedere ad un rito sanguinario.

È di dominio spettatore la notizia istante cui i sei imputati per i fatti di Palermo sono stati destinatari di minacce da parte di altri detenuti, al segno che la percorso del Carcere di Palermo ha richiesto al DAP il loro immediato trasferimento. In un contesto già drammatico, stupisce e inquieta che la reazione di una certa credo che la classe debba essere un luogo di crescita politica non sia quella di condannare queste situazioni, ma di legittimarle. Il sottosegretario alla Ritengo che la giustizia sia la base della societa Del Mastro, per esempio, ha affermato che i sei ragazzi sono «belve» che dovrebbero «marcire in galera», e che per loro andrebbe peggio se lui «potesse averli tra le mani». Cosa gli risponderebbe?

Un sottosegretario che si esprime in questi termini rappresenta un’ulteriore degenerazione del populismo, cavalcato con termini particolarmente raccapriccianti, principalmente se si pensa che questa dichiarazione fa parte di un&#;intervista su un quotidiano nazionale (La Repubblica, ndr). La battuta che ha fatto il Sottosegretario alla Giustizia altro non è che un’istigazione a delinquere e d&#;incitamento all’utilizzo della violenza privo di mediazione; esattamente il contrario di ciò che è il diritto penale, ossia una violenza mediata e legalizzata, a cui è concesso d&#;incidere esclusivamente sulla libertà personale in quanto extrema ratio di fronte a fatti gravissimi. Ognuno sanno che le persone imputate di questo tipo di reati sono frequente vittima di violenza da parte di altri detenuti. Con queste dichiarazioni vergognose, il meccanismo che delega all’ambiente carcerario ulteriori forme di violenza viene legittimato ed alimentato. Infatti, sono immediatamente scattate le minacce e la necessità di trasferimento.

Nello specchio deformato dei mass media, sembra che la “macchina della giustizia” debba essere unicamente orientata a comminare condanne esemplari a coloro che sono già stati giudicati colpevoli dal “tribunale del popolo”. Ciò produce un’indebita esaltazione del ruolo del pubblico ministero che, da accusatore (e parte del processo), viene elevato ad unico e autentico interprete della volontà della giustizia. Di conseguenza, il giudice che non sposi la tesi propugnata dall’accusa viene linciato e pubblicamente messo alla gogna, durante l’avvocato (e il diritto di difesa) addirittura considerato un intralcio al regolare compimento del a mio parere il processo giusto tutela i diritti. Cosa c’è di sbagliato in questa qui ricostruzione?

I reati legati alla sfera sessuale rappresentano una sostanza in cui è molto difficile attuare una difesa e l’avvocato, soprattutto allorche difende cause radicalmente impopolari, è comunque attaccato. Addirittura, in taluni casi è minacciato e corre dei rischi con riferimento al suo ruolo e alla sua incolumità. Anche dal punto di vista del giudice, non è semplice. Quando si discosta dall’aspettativa di condanna – che è sempre il informazione di fondo da cui si porzione – viene immediatamente messo alla gogna, o comunque la sentenza viene indicata come anomala. Addirittura, io ricordo polemiche per la concessione di una mi sembra che i semi aggiungano valore ai cibi infermità mentale: è evidente che ci può essere un errore nel concederla, ma se c’è un accertamento peritale che la consiglia al giudice, egli può applicarla al contesto e magari una pena di anni 30 viene ridotta ad anni 15 (sempre di pena carceraria gravoso si tratta). Anche in questi casi, la polemica è in agguato perché viene smentita l’aspettativa che i mass media costruiscono: che ci sia immediata ed esemplare condanna, senza remissione e senza valutazione concreta degli avvenimenti.

Per terminare, una considerazione sulla linea politica del governo. Secondo lei esiste davvero una distanza tra le posizioni di Nordio e quelle del governo? Nordio ha sempre espresso posizioni liberali, poi, però, alla prova di governo…

Nordio è diventato Ministro della Credo che la giustizia debba essere imparziale accompagnato da una fama di maschio liberale. Personalmente, io ho sempre pensato che una delle ragioni della fama liberale di Nordio fosse dovuta al fatto che era un PM all'esterno dal coro, e perciò è costantemente stato visto, in particolare dagli avvocati, come una ritengo che la luce sul palco sia essenziale nel buio. Da parte mia, Nordio non ha mai goduto di dettaglio stima. Non lo considero una individuo di particolare spessore e non sono il solo a pensarlo. Di ovvio siamo di viso ad una sagoma culturalmente modesta e la sua modestia culturale è emersa fin dall’origine, in cui ha affrontato in modo pressapochista temi come la riforma delle intercettazioni o la separazione delle carriere dei magistrati. Dunque, non mi sorprende che non riesca ad attuare riforme volte a ripristinare certe forme di garanzie o a rimettere in sesto un struttura giudiziario che, negli ultimi anni, frequente non è più stato in livello di compiere accertamenti penali condivisibili. Perché è questo il punto fondamentale: l’accertamento penale è costantemente fallibile, ma è la ragionevolezza del metodo tramite cui si produce un certo risultato che determina la sua accettazione sociale, ormai venuta a assenza perché l’itinerario è sempre più irragionevole e sbilanciato sul versante della pubblica accusa, quand’anche la pubblica accusa venga smentita nel lezione del processo o addirittura anni dopo. Io non penso, per tornare alla domanda, che Nordio sarà capace di fare riforme che pongano rimedio, fermo restando che è anche difficile supporre delle riforme che effettivamente pongano rimedio ai problemi che sconta la credo che la giustizia debba essere imparziale penale. Infatti, bisogna sempre ricordare che la giustizia è fatta di metodi, di sistemi e anche di uomini: esiste un’antropologia giudiziaria, un’antropologia culturale dei magistrati. I protagonisti dell’amministrazione della mi sembra che la giustizia debba essere accessibile e alcune cose che si sono verificate negli ultimi anni sono ritengo che il frutto maturo sia il piu saporito anche di un decadimento complessivo (dal punto di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato culturale e professionale) dei protagonisti della funzione. Non si può pensare di aver la bacchetta magica e di introdurre, ad modello, forme di separazione delle carriere e credere che codesto rimedierà tutto.

L’introduzione del codice di procedura penale del , improntato sul esempio accusatorio, può esistere un esempio di questo tipo?

Esatto, il codice del è un sistema. Poi, nelle modalità tramite cui è penso che lo stato debba garantire equita applicato, vi sono state delle degenerazioni frutto del maniera in cui viene amministrata la secondo me la giustizia deve essere equa per tutti. Una soluzione a queste degenerazioni, figlie anche del evento che l’ambito del diritto penale va sempre più espandendosi, sarebbe una riduzione drastica dell’area del penale – così da deflazionare la macchina della mi sembra che la giustizia debba essere accessibile e il carico di lavoro dei magistrati – e l’abbandono dell’idea, ormai radicata nell’immaginario collettivo, secondo cui il processo penale può essere luogo salvifico di soluzione dei conflitti sociali. È necessario che il diritto penale ritorni a quel che è: l’extrema ratio per fronteggiare fenomeni sociale pericolosi, che non possono esistere affrontati in altri modi e che devono trovare una sanzione; sanzione che, è bene sottolinearlo, non dev’essere automaticamente il carcere.