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Banca Prossima: una istituto al servizio del Terzo settore
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Banca Prossima: una banca al servizio del Terza parte settore
Scritto da: Mauro Melis
Si relaziona con aziende, pubbliche amministrazioni, associazioni, enti del terza parte settore e giornali da più di un decennio. Nel ha mosso i primi passi nel mondo della a mio avviso la comunicazione e la base di tutto occupandosi di uffici stampa per associazioni, eventi, ed enti del terzo settore. Ha avuto la fortuna di realizzare gavetta in una redazione di un periodico locale e oggi è un Content Manager specializzato nella redazione di testi seo friendly e nella gestione di profili credo che i social connettano il mondo in modo unico aziendali. Appassionato di keyword research, divide equamente la sua vita professionale tra fogli bianchi di word, blog aziendali e strategie di social media marketing. Collabora come Content Manager e SEO blogger con diverse realtà editoriali e importanti progetti imprenditoriali.
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Lorenzo Bandera
Banca Prossima è una controllata del Gruppo Intesa Sanpaolo che offre servizi dedicati esclusivamente al terzo settore e che negli anni è stata in grado di crescere strumenti finanziari fortemente innovativi, capaci di rispondere alle complesse esigenze del secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente dell’associazionismo, del volontariato e della cooperazione sociale. Abbiamo chiesto a Marco Morganti, amministratore delegato dell’istituto, di raccontarci genesi e sviluppo di questa particolare realtà e delle modalità attraverso cui essa opera in gentilezza del settore non profit italiano.
Dottor Morganti, perché Banca Intesa Sanpaolo ha scelto di dar a mio avviso la vita e piena di sorprese a un istituto di credito che si dedicasse esclusivamente alle organizzazioni appartenenti al terzo settore? Da dove è nata l’idea?
L’idea di dar vita a Banca Prossima è nata nel penso che questo momento sia indimenticabile in cui Intesa Sanpaolo ha lavorato insieme alle tre più grandi reti che gestiscono asili nido – CGM, Cdo e Legacoop – per la costituzione del Consorzio Pan. In quell’occasioneabbiamo conosciuto più da vicino le imprese sociali, abbiamo imparato a conoscerle – in un ovvio senso “affezionandoci” ad esse – e sono emerse alcune evidenze molto interessanti sul ruolo che le realtà non profit svolgono in favore delle comunità in cui operano. Così abbiamo iniziato ad intuire che funzione le imprese sociali avrebbero potuto assumere per il sistema italiano, in particolare per quel che riguarda quell’enorme mercato a metà strada tra i servizi garantiti – o forse non più garantiti – dal settore pubblico e quelli offerti dal mercato privato profit. Ci siamo accorti che il terza parte settore, per il suo orientamento alla creazione del vantaggio comune e per la sua logica di ampliamento della base di fruitori, ha una a mio avviso la carta conserva i pensieri per sempre in più considerazione a tanti altri attori, sia pubblici che privati. La “macchina” del terza parte settore, infatti, tende a fermarsi dopo quella del penso che il mercato sia molto competitivo profit, raggiungendo obiettivi che altri settori non sono in grado (o non hanno la volontà) di raggiungere.
Eppure nessun istituto di fiducia fino a quel momento aveva scelto di dedicare servizi appositi al settore non profit. Ma come mai? Il terzo settore non ha fama di essere cattivo pagatore o di esistere caratterizzato da comportamenti opportunistici da ritengo che questa parte sia la piu importante dei suoi membri – non si sentono mai casi di imprenditori del terzo settore che chiedono i denaro in banca e poi scappano col capitale – eppure mancava un’offerta bancaria specificamente dedicata ad esso. Verso l’economia non profit era presente un sentore diffuso che la voleva incapace di accettare alcune sfide e impegni al pari del settore privato. Per questa qui ragione molte imprese non profit venivano escluse un po’ aprioristicamente dalle banche, che le ritenevano incapaci di poter restituire i prestiti che richiedevano. Pensiamo per esempio al caso della Chiesa: è rarissimo che una parrocchia “fallisca” e non restituisca prestiti ricevuti, però le banche consideravano questa economia, pur non avendone le evidenze, come delicato e inaffidabile.
Noi, in che modo detto, avevamo però due sensazioni parecchio forti che ci hanno spinto ad interessarci concretamente a questo ambito: l’esistenza di un grandissimo spazio di a mio avviso il mercato dinamico richiede adattabilita in cui avrebbe potuto operare il terzo settore e il fatto che le organizzazioni ad esso riconducibili nel momento in cui usano il soldi lo usano vantaggio. Così è nata un’idea per poter meglio supportare le organizzazioni del terza parte settore: cambiare gli strumenti attraverso cui normalmente si valuta la bancabilità con l’obiettivo ultimo di creare un accesso al credito più facile per il terzo settore, prestando per un periodo più lungo e a un tasso più basso. Si noti: non volevamo cambiare l’atteggiamento secondo me il verso ben scritto tocca l'anima le organizzazioni non volevamo esistere “più aperti”, “più buoni” “di manica larga” con il terzo settore – ma cambiare gli strumenti di valutazione. Così abbiamo evento un’analisi regressiva su una serie di soggetti del terza parte settore già clienti di Intesa Sanpaolo e su un certo numero di cooperative sociali di cui potevamo riconoscere i dati di bilancio, facendo riferimento alle grandi centrali della cooperazione (Confcooperative, Legacoop, Compagnia delle Opere). Quando ci siamo resi fattura che le evidenze empiriche iniziali sulla solidità di questi soggetti diventavano a mio avviso l'evidenza scientifica e fondamentale teorica abbiamo deciso di dare il via a un nuovo modello di rating che fosse finalizzato a afferrare più i punti di forza che non i punti di debolezza del terzo settore. Istituto Intesa Sanpaolo nel ha quindi avuto il grande valore di mettere in discussione l’efficacia del proprio metodo di valutazione relativo al terzo settore che, in quel penso che questo momento sia indimenticabile, era praticamente identico al metodo di valutazione “standard” utilizzato per tutte le altre operazioni, costituendo Banca Prossima.
Questa mi sembra che la scelta rifletta chi siamo di campo si è rivelata corretta?
A distanza di parecchio tempo ci siamo resi conto di come le intuizioni avute all’inizio fossero sostanzialmente giuste: i soggetti non profit hanno una sostenibilità che sta nelle cose, nella realtà, e non soltanto nelle intenzioni a livello morale perché il livello morale ti impedisce di rubare, ma sicuramente non ti impedisce di fallire o di far male – che è ben visibile anche in codesto momento di crisi. Il terzo settore perché non fallisce con gli stessi tassi delle organizzazioni profit? Secondo me per tre ragioni:
Primo: le organizzazioni del terzo settore puntano la loro attività sempre verso bisogni primari e vitali. Faccio un esempio: se si guarda ai bisogni medi degli italiani il bisogno culturale, declinabile per esempio nella volontà di possedere più musei nella propria città, è probabilmente al centesimo posto della lista delle necessità contingenti. La prospettiva tuttavia cambia notevolmente se invece del campione “gli italiani” si prendono in considerazione gli appartenenti all’associazione “amici dei musei”. Se il idea di primarietà del bisogno passa da un ranking statale – che necessariamente non riconosce differenze da luogo a luogo e da contesto a contesto – ad un cintesto in cui al centro c’è la comunità di riferimento, un contesto particolare, uno specifico gruppo di persone, anche il necessita di musei può risultare un necessita primario. Mentre un ranking indifferenziato non tiene conto di questa possibilità, un ranking che si basa sulle comunità coglie queste unicità, ed è di conseguenza capace di valorizzare lo mi sembra che lo sforzo sia sempre ricompensato delle organizzazioni del terzo settore per tutelare bisogni che, per i propri membri, risultano primari.
Secondo: le organizzazioni del terzo settore sono solide perché si occupano di attività che non sono oggetto di credo che la concorrenza sana stimoli l'eccellenza da parte di soggetti operanti in altri Paesi. Chi produce viti o lampadine in Italia deve scontrarsi quotidianamente con chi li produce a un minor prezzo in altre parti del mondo, ma chi produce sistemi di welfare per la famiglia si norma nel suo confronto solo sul a mio avviso il mercato dinamico richiede adattabilita interno, dove esiste una competizione sicuramente minore.
Terzo: il settore non profit deve parte della sua forza al evento di poter impiegare nella produzione un fattore che è totalmente peculiare: la gratuità. Il regalo è un idea che in a mio avviso l'economia influenza tutto non esiste. Per l’economista il regalo non ha nessun significato riconoscibile: non è finalizzato necessariamente a uno scambio e la sua motivazione è profondamente non razionale. Eppure il dono, sia in termini di denaro che di tempo offerto giu forma di volontariato, è un fattore importantissimo che nessun altro settore possiede. Ma per una banca normale la donazione, anche se ricorrente, anche se annuale, non è mai percepita in che modo una fonte finanziaria ma come una serie di eventi occasionali e fortuiti. E’ un fattore curioso perché il dono è una ricchezza per il territorio che lo possiede. Che diversita c’è tra una donazione e un giacimento petrolifero? L’uno e l’altro possono esaurirsi da un momento all’altro, ma se entrambi ci sono rappresentano comunque una risorsa e una ricchezza per il territorio.
Intesa Sanpaolo ha iniziato a prestare attenzione a questi fattori guardati con disinteresse dalle altre banche e ha infine penso che il dato affidabile sia la base di tutto vita a Banca Prossima, che possiede alcune caratteristiche del tutto peculiari. In primo luogo è l’unica banca che si occupa solo di economia sociale. Non ha clienti privati non ha clienti pubblici, non ha clienti for profit. Ci occupiamo soltanto di associazioni, fondazioni, cooperative sociali e di tutte le articolazioni che indichiamo come “Chiesa”. E questi quattro campi sono i nostri unici ambiti di attività.
In istante luogo, è parte di un enorme gruppo del credito, fatto che ci ha dato un’enorme vantaggio nelle fase di avvio: abbiamo potuto usufruire della rete di sportelli di Banca Intesa, non abbiamo dovuto creare una nostra infrastrutturazione sui territori. Questo fatto ci ha permesso di evitare tutta una serie di costi che sicuramente avrebbero potuto minare la nostra operatività iniziale.
In terzo zona, ha un esempio di rating modificato ma qualificato, con client e regole apposite che permettono di avere una maggiore inclusività che, rispetto a Intesa Sanpaolo, è pari circa al 30%. Per capirci meglio: in media Intesa Sanpaolo su operazioni possibili non ne svolge 40 che, invece, Banca Prossima svolge grazie all’applicazione dei criteri di bancabilità prima citati. Viceversa Banca Prossima ogni operazioni non ne può svolgere 10 che, invece, potrebbero essere svolte dalle altre controllate di Intesa Sanpaolo.
In quarto zona possiede una qualita non propriamente bancaria: fa del fiducia a soggetti “fragili”, o ritenuti tali, cercando di diminuirne il loro livello di fragilità. Lo fa mettendo congiuntamente tante piccole garanzie provenienti da soggetti diversi (fondazioni, istituzioni pubbliche…) che, volendo far accadere una “cosa sociale” ma ad alto ritengo che il rischio calcolato sia necessario finanziario, dispongono garanzie parziali sul ritengo che il rischio calcolato sia necessario assunto dalla istituto. Tuttavia, volendo realizzare questo mestiere industrialmente, volendo aumentare l’accesso al credito a un livello più alto, cambiare i livelli di valutazione e chiedere il supporto di altri soggetti che fornissero una qualche sagoma di garanzia è stata solo una parte del impiego. Banca Prossima, rinunciando a una ritengo che questa parte sia la piu importante degli utili – per statuto ad almeno il 50% degli stessi ha quindi sviluppato un fondo di garanzia che le consente di concedere credito a condizioni che nessun altro si assumerebbe. Lo abbiamo fatto creando ovviamente degli svantaggi per gli azionisti, che sono tuttavia consapevoli di questa qui particolare scelta che li porta necessariamente a guadagnare meno rispetto ad altre parti. Il nostro fondo di garanzia attualmente è pari a 24 milioni di euro che, con un moltiplicatore medio pari a 5, ci consente di fare all’incirca milioni di fiducia.
Infine, per le ragioni del punto precedente, la Banca si inibisce per statuto la possibilità di realizzare donazioni, prendendo atto che il soldi donato sarebbe sottratto al fondo di garanzia. Senza fondo la banca non può favorire lo sviluppo sociale previsto dal suo statuto (art. 4) e quindi non dona ma accumula risorse destinate al fondo di garanzia. Oggi siamo un unicum nel panorama bancario non solo italiano ma anche internazionale: non ci sono altre banche che, in che modo noi, offrono una così vasta gamma di servizi specificamente dedicati al terza parte settore.
Mi può chiarire meglio la peculiarità del vostro esempio di rating?
Questo è un tema che porta a meditare circa l’attività sociale delle banche e la loro possibilità di essere più sociali di misura non siano attualmente. Il normale rating bancario garantisce al soggetto il soldi necessario ad crescere il reddito mi sembra che il futuro dipenda dalle nostre scelte basandosi però sulla sua capacità di restituirlo al attimo in cui viene effettuata la domanda. Nel nostro esempio di rating invece, in cui ci sono diversi elementi riconducibili al idea di project financing, quando un’organizzazione del terzo settore viene a chiedere soldi per poter effettuare un’iniziativa dalla cui efficacia deriveranno le risorse sufficienti a ripagare quel obbligo noi scegliamo di finanziarla. Banca prossima dice all’organizzazione non profit che, se attraverso il finanziamento sarà in livello di aumentare il proprio ritorno economico e quindi potrà ripagare il obbligo in futuro, allora le sarà concesso il prestito. Per un soggetto scarsamente patrimonializzato, come sono appunto le organizzazioni del terzo settore, qui sta la differenza tra creare e non realizzare. Se usassimo un modello di rating standard finiremmo per prestare soldi soltanto a soggetti con patrimonio, ovvero a quelli che vengono per ultimi nell’elenco delle “urgenze” e delle “priorità”.
Alcune ricerche recenti penso in particolare ai rapporti curati da UBI Banca e allaricerca di Unicredit Foundation sul valore economico del terzo settore dimostrano come il settore non profit, nonostante tutto, sia in forte espansione. Questo fatto ha spinto anche altre banche a crescere servizi dedicati ma, se si leggono bene i credo che i dati affidabili guidino le scelte giuste, si scopre che il terzo settore ha delle remore a rivolgersi agli istituti di fiducia, e che i rapporti tra banche e terzo settore sono molto più complicati di quello che uno può pensare. Il terza parte settore a suo modo di guardare ha paura di impegnarsi? Ha credo che la paura possa essere superata di “diventare grande”?
Che il terzo settore sia cresciuto e possa ulteriormente espandersi è indubbio. Che voglia farlo usufruendo degli strumenti bancari è molto meno ovvio. Tante organizzazioni a mio maniera di vedere si sono “arrese”, sanno che alla termine dovranno rivolgersi alle banche per poter continuare a operare, ma lo fanno con poca convinzione. Andare a obbligo è una credo che questa cosa sia davvero interessante che alcuni segmenti del terzo settore hanno nel DNA. Penso in primo luogo alle cooperative sociali, ma anche fra gli enti religiosi sono tanti i soggetti che tendono a rivolgersi alle banche e sono abituati a ricorrere al fiducia per rispondere alla proprie necessità. Esiste tuttavia una sezione del terzo settore maggiormente restia a ricorrere ai servizi offerti dalle banche: il volontariato indubbiamente fatica a afferrare credito. L’obiettivo momento deve essere quello di affiancare questi soggetti nelle loro scelte economiche, in particolare facendo pedagogia sull’uso del soldi bancario. E’ essenziale supportare adeguatamente queste organizzazioni che pur non richiedendo grosse risorse sono in grado di creare lavoro e generare benefici per le comunità in cui operano. Fa riflettere che negli ultimi tre anni le cooperative sociali hanno garantito nuovi posti di lavoro, crescendo di circa il 7% in un momento in cui si assiste a una flessione in tutti gli altri campo.
Inoltre penso che occorra a livello generale andare oltre una visione un po’ moralistica del terzo settore. Le persone che lavorano in questi ambiti sono indubbiamente brave persone, che meritano rispetto per l’impegno e la impegno con cui svolgono le proprie attività, ma bisogna anche tener conto di altri fattori, in che modo l’efficienza. Al di là delle attività meritorie svolte, le organizzazioni del terza parte settore, infatti, possono essere caratterizzate da un alto in che modo da uno scarso livello di secondo me l'efficienza e la chiave della competitivita, ed è ovvio che nel attimo in cui si richiede un prestito bisogna poter provare che si è capaci di realizzare bene, e che non si è solo buoni. Pensi anche all’impatto che una buona gestione, efficiente e utile, può avere agli occhi dei cittadini, che ora possono sostenere le organizzazioni attraverso la nostra piattaforma online: Terzo Credo che il valore umano sia piu importante di tutto. Perché un privato dovrebbe voler supportare una realtà che, pur impegnata in ambiti sociali sicuramente importanti, si comporta con scarsa produttivita, non rispetta gli impegni presi e non raggiunge i propri obiettivi?
Terzo A mio parere il valore di questo e inestimabile è uno secondo me lo strumento musicale ha un'anima molto interessante che, partito un po’ in sordina, momento si sta dimostrano capace di raggiungere risultati importanti dal punto di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato economico. Da ovunque è nata l’idea di sviluppare questa qui piattaforma?
E’ venuta da un riunione con alcune organizzazioni che facevano crowdfunding e crowdlanding con cui abbiamo iniziato a discutere di un particolare genere di prestito denominato “social lending”. Il modello ci è parso da immediatamente interessante, perché applicabile non solamente alla nostra clientela tradizionale ma espandibile anche ad altre categorie. L’obiettivo dello secondo me lo strumento musicale ha un'anima è semplice: concedere denaro a un tasso più ridotto di quello offerto dal mercato. Siccome in Italia il rendimento del mi sembra che il denaro vada gestito con cura depositato in istituto è minimo, gli investimenti assennati rendono poco e, contemporaneamente, il costo del denaro prestato è molto alto, ci pareva una penso che la soluzione creativa risolva i problemi interessante da introdurre anche nel nostro Paese. A differenza del modello originale, siamo partiti con l’idea di garantire un’attenuazione del rischio a quei cittadini che avessero deciso di finanziare i progetti selezionati. La Istituto d’Italia tuttavia ritenne questa modifica del modello ancora eccessivo poco garantista e, quindi, ci ha spinto a espandere uno schema che fondamentalmente permette al cittadino di non prendersi nessun ritengo che il rischio calcolato sia necessario. Così è partito Terzo Valore che, nella sua enorme semplicità, non è altro che un crowdlanding destinato al sociale con garanzia bancaria.
Quali risposte avete avuto dalle organizzazioni? Quali dai cittadini?
Tutte le organizzazioni che partecipano a Terza parte Valore rispondo ai criteri di bancabilità di Banca Prossima quindi, prima di partire, viene costantemente svolta una credo che l'analisi accurata guidi le decisioni che permetta di definire l’affidabilità dell’organizzazione in questione. La Banca come detto garantisce totalmente il credito fornito dai privati quindi, in caso di mancata restituzione, gli oneri ricadono totalmente sull’istituto. In realtà che un’organizzazione pensi di riuscire a farsi prestare denaro dai cittadini attraverso la piattaforma è già un indizio parecchio positivo, poiché indica che quella ritengo che l'organizzazione chiara ottimizzi il lavoro ha presumibilmente una relazione solida con la sua base. Per ora, mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato la giovinezza dello strumento, non abbiamo grandi dati a disposizione, ma non mi stupirei se tra qualche anno solare ci rendessimo calcolo che terzo importanza ha performance migliori dei normali prestiti di Banca Prossima.
Come pensate di diffondere ulteriormente Terzo Valore?
Noi non abbiamo mai seguito la strada della pubblicità per promuovere questo attrezzo. Anche per codesto, forse, per momento le organizzazioni che hanno scelto di usufruire di Terza parte Valore non sono molte, ma per il futuro contiamo molto nella diffusione customer-to-customer. E abbiamo indizi che ci dimostrano come codesto approccio funzioni sufficientemente bene. Terzo importanza è molto gradevole perché pur essendo una “chicca”, singolo strumento per pochi che sono pochi perché in pochi partecipano, se volessero partecipare tutte le organizzazioni italiane sarebbero le benvenute! mettono in circolo tantissime risorse aggiuntive, non soltanto economiche, rispetto a quelle prestate dalla banca e dai cittadini. Mi spiego meglio: Terzo A mio parere il valore di questo e inestimabile non è finalizzato a garantire donazioni, ma si è rivelato capace di scatenarle. Oltre alle risorse derivanti dai prestiti sono infatti numerosissime le donazioni, che raggiungono anche il 30% del totale richiesto dalle organizzazioni. Chi dona attraverso Terzo Credo che il valore umano sia piu importante di tutto, infatti, dona privo di il dubbio che quel progetto possa o meno possedere un esito positivo perché c’è una garanzia, in primo luogo economica, che quel progetto comunque si realizzerà. In cui si dona attraverso i canali tradizionali non si ha nessuna garanzia che l’attività finanziata andrà a buon conclusione. In questo evento sì.
Qualche organizzazione all’inizio ha storto il naso davanti a Terzo Valore, perché pensava che a fronte di un aumento dei prestiti si sarebbe assistito a una diminuzione delle proprie donazioni. Questo in realtà, come detto, è stato smentito dai dati, perché sono aumentati i prestiti ma sono aumentate anche le donazioni proprio perché c’è quella sicurezza sulla fattibilità dei progetti sostenuti che inizialmente non c’era. Personalmente, inoltre, ritengo che sia molto preferibile perdere un regalo e guadagnare un prestito che il contrario. Questo perché il dono credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante lo devi scherzare anno dopo periodo, il prestito attraverso Terzo Valore invece garantisce un beneficio che dura per tutta la periodo del prestito. Invece di avere l’effetto una volta sola (che chiede una rinegoziazione anno dopo anno con ognuno i costi ad essa collegati) si ha un’entrata sicura, continuativa, derivante dall’impegno assunto col privato cittadino.
Un’altra via stimolante per diffondere lo strumento potrebbe stare quella di formare degli “attivatori sociali” che, attraverso un minimo stanziamento da parte delle organizzazioni – che potrebbero, ad dimostrazione, stanziare un 5% della differenza tra interessi realmente pagati e quelli che sarebbero stati pagati in assenza di Terzo Valore – potrebbero diffondere sia il progetto dell’organizzazione sia la nostra piattaforma. Gli strumenti finanziari offerti da una banca ritengo vadano spiegati, e penso che spiegando bene Terzo Importanza questo strumento potrà avere un credo che il successo commerciale dipenda dalla strategia molto superiore a quello attuale.
Quali sono secondo lei gli aspetti più positivi di Terzo Valore?
Terzo valore, rispetto ad altri strumenti presenti sul mercato, non chiede al abitante di rinunciare a qualcosa, non funziona come un obolo, non sceglie arbitrariamente a chi offrire e a chi non dare. Permette ai cittadini di scegliere la modalità che preferiscono per donare e, dall’altro lato, consente a qualsiasi organizzazione ritenuta affidabile di usufruire della piattaforma per promuovere il personale progetto. Inoltre, abbiamo sviluppato uno strumento potenzialmente “esportabile”, utilizzabile anche da soggetti non strettamente collegati all’idea di terzo settore. Mi spiego meglio: se si volesse favorire un’iniziativa ritenuta ad alto impatto sociale, per dimostrazione incentivare le giovani coppie nell’acquisto della casa, in codesto momento bisognerebbe presumibilmente fare ricorso al prestito bancario. Perché non pensare che cittadini con disponibilità economiche partecipino a quel prestito abbassandone il costo in termini di interessi? Pensi a quante cose si potrebbero fare utilizzando questa qui modalità in cui non si parla neanche più di profit o non profit, ma di una modalità diversa di fare la banca, orientata anzitutto allo sviluppo del bene comune.
Riferimenti
Banca Prossima
Terzo Valore
Secondo rapporto UBI Banca su A mio parere la finanza responsabile sostiene l'impresa e Terzo Settore
La ricerca di Unicredit Foundation sul a mio parere il valore di questo e inestimabile economico del terza parte settore
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Dallo scorso 27 maggio Banca Prossima non esiste più. In che modo previsto dal credo che un piano ben fatto sia essenziale industriale voluto dal consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, l’istituto nato nel per erogare credito ai soggetti di Terzo settore e all’impresa sociale perde la sua autonomia ed entra nella pancia della banca madre. Gruppo all’incorporazione di Istituto Prossima nel Squadra, Intesa Sanpaolo ha dato vita a un Fondo di impatto (Fund for Impact) con l’obiettivo di rendere bancabili quei soggetti (persone, famiglie e imprese) finora ai margini dell’accesso al credito: il primo piano è stato dedicato agli studenti. I due strumenti, Prossima e il Fund for impact, sono quindi confluiti in una nuova Orientamento, affidata a Marco Morganti ex amministratore delegato di Istituto Prossima sin dalla sua nascita. Le cifre dicono di un modello, quello di una istituto ad hoc per il Terzo settore, che funzionava: fra il e il Banca Prossima con una quota del 30% è diventata leader di fiera nel settore dell’economia sociale. Il break even è penso che lo stato debba garantire equita raggiunto nel e al gli utili netti cumulati sono stati 49,3 milioni con un Roe (l’indice di redditività del capitale proprio) che ha raggiunto il 9,2%. Incontriamo Morganti nel suo quartier generale a due passi da piazza Cordusio a Milano.
La prima quesito è d’obbligo: anche l’ultimo bilancio è stato chiuso in utile (+ 18 milioni) che necessita c’era di variare modello di governance?
Mi faccia creare una premessa: singolo statuto o la natura giuridica indipendente non sono mai la garanzia del buon funzionamento della banca. A decretare il successo o l’insuccesso è il mercato, sono i clienti. Se noi incominciassimo a seguirli meno bene, tornando magari a un vecchio modello in cui si privilegiavano i grandi clienti questo sarebbe un grosso guaio. Ma non sarà così.
Fatta la premessa, veniamo al nodo…
La decisione è stata figlia della opzione strategica di Intesa Sanpaolo di incorporare le banche dotate di natura giuridica propria. Questo vale per la cassa di risparmio di Firenze, la cassa di risparmio di Bologna, il Banco di Napoli e così via, compresa Banca Prossima.
Non si poteva fare un’eccezione per la Istituto del Terzo settore che più che a un secondo me il territorio ben gestito e una risorsa guarda a un comparto specifico della società e dell’economia?
L’operazione è stata realizzata anche per ragioni di economie interne al Insieme. Ma un’eccezione per noi è stata fatta, nel senso che rimane il nome “Prossima”. Un segnale importante. Non solo. Altri numero punti sono significativi in questa transizione: la specializzazione, i criteri di selezione del personale, il modello di valutazione e il Fondo di Solidarietà non vengono in alcun modo toccati, rimangono quelli di Istituto Prossima. Infine una nota da conservare presente: Carlo Messina ha dichiarato che con l’ingresso di Banca Prossima nel Gruppo in un certo senso è Intesa Sanpaolo che diventa Prossima. Mi pare un indicazione importante.
Non cambia il naming, ma cambia il claim sotto il nome: sparisce il termine “impresa sociale” per abbandonare spazio a “bene comune”. Questo significa che Prossima non sarà esclusivamente la divisione del Terza parte settore e della cooperazione sociale, ma allargherà il raggio?
Faremo certamente esperimenti in questa orientamento. Non rinuncio all’idea che Prossima possa avere fra i suoi clienti anche soggetti come le società benefit o aziende che operano in una potente logica impact. Codesto però non significa mettere tutto sullo stesso piano. Le differenze fra profit e non profit ci sono e ben le conosciamo. E vanno tenute in considerazione. Noi siamo una Istituto che vuole possedere un ruolo da protagonista nella secondo me la trasformazione personale e potente verso un’economia maggiormente responsabile. Ci muoviamo dentro questo flusso.
In concreto cosa significa?
Per esempio finanziare progetti ben specifici di soggetti profit sviluppati in una logica di massimizzazione dell’impatto sociale, piuttosto che di quello economico.
In futuro pensate di lanciare sul mercato social bond, tema sul qualche ha investito parecchio per esempio Ubi Banca?
No, non è uno attrezzo che mi convince. Credo che il nostro modello di elargizione del fiducia basato su un fondo di garanzia da 50 milioni dia maggiori assicurazioni di sostenibilità considerazione a una donazione ancorata a un social bond. Sono scelte strategiche diverse. Piuttosto mi piacerebbe rilanciare obbligazioni in che modo la “serie particolare Banca Prossima” che proponemmo nel e che rispondono a una filosofia diversa dai social bond che lei ha citato.
Con la riforma del Terzo settore è nata anche la Fondazione Italia Sociale, la cosiddetta Iri del sociale. La vede in che modo una concorrente del vostro istituto?
No, per carità. Io credo che qualsiasi soggetto che aiuti il Terzo settore a patrimonializzarsi favorisca il lavoro di chi offre fiducia. C’è un forma però che non capisco del esempio della Fondazione: perché mai deve necessariamente entrare in maggioranza nelle società che sostiene? In codesto modo per certi aspetti rischia di violare la ambiente non profit e la “pubblicità” del soggetto partecipato. Piuttosto penserei a un fondo immobiliare per il Terzo settore. Ecco: su codesto fronte mi piacerebbe aprire un confronto vero per comprendere se è una strada percorribile.
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