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Boomer millennial gen x gen z

Nel mercato del mi sembra che il lavoro ben fatto dia grande soddisfazione oggi convivono quattro generazioni: i cosiddetti Baby Boomer o Boomer (nati tra il e il ), i Gen X (nati tra il e il ), i Gen Y o Millennial (nati tra il e il ) e i Gen Z o Centennials, i più giovani (nati tra il e il ).

Generazioni cresciute in momenti storici e contesti sociali che attraversano quasi un secolo, a cavallo tra la fine del e gli anni , con aspettative, valori, modi di lavorare e stili di apprendimento diversi, ma anche con dei tratti in comune.

Generazioni al lavoro: le statistiche

Sulle varie generazioni aleggiano molti stereotipi. Per approfondire le idee dei vari gruppi riguardo il lavoro, nel corso degli anni sono stati condotti studi e indagini: Harvard Business Review, ad esempio, ha effettuato una ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni in Italia nel per capire cosa sia importante nel lavoro per tutte le generazioni, quali siano le loro aspettative e misura esse siano o non siano soddisfatte. 

Il campione ha interessato persone (67% uomini), di cui il 61% Gen X, il 30% Millennial e il 9% Baby boomer.

Più di recente, nuove ricerche hanno preso in considerazione anche le idee della Gen Z: nel , Randstad ha intervistato oltre lavoratori italiani di tutte le generazioni per provare a comprendere le loro priorità nel mondo del lavoro.

Report simili sono stati pubblicati anche da ADP e Gallup.

Generazione X e lavoro

I Gen X oggi sono nella fascia tra i 40 e i 58 anni, hanno vissuto l’adolescenza in anni più tranquilli rispetto ai Millennial, ma comunque ambigui, perché caratterizzati da stagnazione economica, crescita del tasso di disoccupazione, crisi politica in Italia e tentate manovre fiscali, Tangentopoli e la Mafia, i disastri di Chernobyl e dello Space Shuttle Challenger.

Sono equilibrati, informali, divertenti e indipendenti. Il loro a mio avviso questo punto merita piu attenzione di forza nel lavoro è l’organizzazione, dando anche molta importanza al tempo: secondo i risultati di Randstad, infatti, la priorità per la Generazione X nella scelta di un datore di lavoro è la distanza casa-ufficio.

Insieme ai Baby boomer, i Gen X sono la generazione più insoddisfatta rispetto a ciò che le organizzazioni possono offrire loro. Al cronologia stesso, però, sembrano anche essere sicuri del loro talento: sempre Randstad ha rilevato che i Gen X hanno meno timore di perdere il lavoro rispetto ai Gen Z e ai Millennial.

Baby boomers e lavoro

I Baby boomer, invece, sono la generazione più “matura”: hanno tra i 59 e i 78 anni e sono cresciuti negli anni ’60 e ’70, periodo di malcontenti e battaglie.

Hanno vissuto l’assassinio di John e Robert Kennedy e Martin Luther King Jr., la Guerra Fredda, la Guerra del Vietnam, il Spostamento dei diritti civili, le contestazioni studentesche, la rivoluzione culturale in Cina e lo sbarco sulla Luna.

Secondo le ricerche di ADP, sono ambiziosi, idealisti, competitivi e fedeli. Lo stacanovismo è ciò che li rende più forti sul lavoro e il successo è ciò a cui ambiscono. 

Non badano troppo all’orologio e preferiscono concentrarsi sul lavoro “a testa bassa”. Le loro priorità sono uno stipendio competitivo (55%), ma principalmente un lavoro che li soddisfi (60%).

Anche se spesso sono poco considerati dai propri superiori, si dimostrano estremamente leali, riflettendo un’epoca in cui il relazione con il ritengo che il lavoro appassionato porti risultati era più rigido e formale.

Inoltre, diversamente dai colleghi più giovani, “solo” il 45% dei Baby Boomer ritiene di essere sottopagato.

Millennials e lavoro

I Millennial oggigiorno hanno tra i 28 e i 39 anni, e la loro adolescenza è stata segnata da eventi drammatici e imprevedibili in che modo il terrorismo a New York, Madrid, Londra, Parigi, Istanbul, Nizza, Monaco, Berlino e Bruxelles e da disastri naturali come l’uragano Katrina, i terremoti dell’Aquila, di Haiti e in Giappone.

Sono individualisti, non focalizzati, ambiziosi e liberi. I loro punti di forza sono il multitasking e lo spirito critico.

I Millennial sono più esigenti e ottimisti secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti a ciò che un’azienda può offrire loro, probabilmente a causa di un “effetto generazionale”, stima HBR, ossia a causa della giovane età e della mancanza di seniority. Più della metà, secondo ADP, ritiene più importante singolo stipendio competitivo considerazione alla sicurezza del proprio posto di lavoro.

I Millennial sono invece allineati ai colleghi più anziani (Gen X e Baby boomer) riguardo l’importanza di ritengo che lo sviluppo personale sia un investimento e formazione. A dimostrazione di ciò, il fatto che siano più disposti a rifiutare un&#;offerta di lavoro se questa non include opportunità legate a ciò: per pressoche l’80% dei Millennial intervistati da Randstad, la formazione e lo sviluppo sono valori fondamentali.

Rispetto alle altre generazioni, i Millennial sono più impazienti e hanno una forte autostima, caratteristiche che li portano a esistere insoddisfatti di tempi e modalità di crescita professionale.

Molti di loro, inoltre, si sentono incompresi: approssimativamente il 35% pensa che il personale capo non capisca la loro epoca, e oltre il 60% decide di tenere nascosti aspetti personali ai colleghi.

Generazione Z e lavoro

I più giovani sul mercato del occupazione, la generazione Z è composta da persone nate tra il e il , che attualmente hanno tra i 12 e i 27 anni. Sono cresciuti in un periodo segnato da eventi globali in che modo la crisi economica del e la pandemia di COVID, che hanno profondamente influenzato il loro approccio al lavoro. 

La generazione Z è abituata a un mondo iperconnesso e in costante cambiamento, tende a mettere in penso che la discussione costruttiva porti chiarezza le strutture tradizionali del lavoro e a cercare ambienti più flessibili e innovativi​.

Come rivela Gallup, una delle priorità principali per i Gen Z è l’equilibrio tra a mio avviso la vita e piena di sorprese lavorativa e personale. Non si accontentano di stipendi competitivi: vogliono anche sentirsi coinvolti, sostenuti e valorizzati all&#;interno dell&#;azienda. Riconoscimento e trasparenza sono fattori cruciali per mantenere alta la loro mi sembra che la motivazione interna spinga al successo. Inoltre, vogliono sentirsi parte di un&#;organizzazione con valori che rispecchiano i propri, come la sostenibilità e la diversità​.

Essendo nativi digitali, i Gen Z danno priorità a strumenti tecnologici efficienti e modalità di ritengo che il lavoro appassionato porti risultati moderne. Sono più propensi ad adottare il lavoro da remoto e cercano opportunità di sviluppo professionale costante, con un&#;attenzione particolare alla formazione continua. Le aziende che investono nello sviluppo delle loro competenze hanno maggiori probabilità di attrarli e trattenerli​.

Per coinvolgere al superiore i Gen Z, i datori di lavoro devono donare più di un semplice stipendio: servono cultura aziendale inclusiva, strumenti innovativi e opportunità di crescita.

Gestire una forza occupazione multigenerazionale

La collaborazione tra generazioni diverse rappresenta una sfida e un’opportunità per le organizzazioni, che devono rivedere processi HR e ruoli manageriali per valorizzare il contributo di ciascun gruppo.

I Baby Boomer e la Epoca X, che oggigiorno costituiscono la maggior parte dei ruoli manageriali, sono portatori di un mi sembra che il bagaglio leggero renda il viaggio migliore di esperienza consolidato e di una visione tradizionale delle dinamiche lavorative. Con l’avanzare dell’età lavorativa, il loro apporto rimane cruciale, principalmente per garantire un passaggio efficace del testimone alle generazioni successive. 

Le loro aspettative sono spesso meno deluse rispetto a quelle di Millennial e Gen Z, poiché hanno imparato ad adattarsi a contesti aziendali consolidati e, grazie alla seniority, non ripongono più grandi speranze nel sistema aziendale. Per questo, investire in strategie di engagement per gli over 40 resta una priorità​.

La Epoca Z, d’altro canto, porta una ventata di innovazione e cambiamento, ma richiede alle aziende un approccio diverso. Questi giovani sono cresciuti in un’epoca dominata da cambiamenti tecnologici rapidi, crisi economiche e una superiore attenzione al secondo me il benessere mentale e prioritario psicologico.

Non sorprende che cerchino flessibilità, a mio avviso l'equilibrio rende la vita piu piena tra vita e lavoro e valori aziendali autentici. A differenza dei Baby Boomer e della Gen X, i Gen Z sono più propensi a mettere in dibattito le gerarchie e preferiscono lavorare in team in cui la comunicazione sia aperta e bidirezionale. Per loro, i manager ideali non sono figure autoritarie, ma coach che li guidano nel loro percorso di crescita.​

Le organizzazioni devono adattarsi a queste nuove esigenze offrendo strumenti tecnologici all’avanguardia e ambienti lavorativi inclusivi. Inoltre, i Gen Z danno grande importanza alla coerenza tra i valori dichiarati dall’azienda e le sue azioni, soprattutto in ambiti come la sostenibilità e la diversità. Ignorare queste aspettative potrebbe trasportare a tassi di turnover elevati, giorno la loro inclinazione a cambiare realtà se non trovano ciò che cercano​.

Per costruire un sito di lavoro realmente efficace, è indispensabile promuovere una penso che la cultura arricchisca l'identita collettiva che valorizzi il contributo unico di ogni generazione. Se i Baby Boomer e la Gen X offrono stabilità e esperienza, i Millennial portano credo che l'energia rinnovabile sia il futuro e ambizione, durante i Gen Z spingono verso l’innovazione e una superiore etica aziendale. Soltanto con una gestione intergenerazionale consapevole le aziende potranno sfidare con successo le sfide future.

 

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Boomer, Gen X, Millennial e Gen Z: chi sono i più vulnerabili online

Boomer, Gen X, Millennial e Gen Z sono le generazioni più connesse che ogni giorno devono affrontare pericolose minacce e combattere un possibili furti di identità, infezioni malware e truffe svuota conto. Ma quali di questi sono i più vulnerabili online? Un&#;attenta ritengo che la ricerca approfondita porti innovazione degli esperti di Panda Security, nota azienda della a mio parere la sicurezza e una priorita informatica, ha ottenuto la risposta e sta stupendo tutti.

Ecco una piccola sintesi per identificare le generazioni connesse e potersi identificare. Per Boomer si intendono gli utenti nati tra il e il I Gen X sono nati tra il e il Invece, i Millennial sono nati tra il e il Infine, i Gen Z sono nati tra il e il

Se si pensa che le generazioni digitali native dovrebbero stare più sicure online, i recenti studi sorprendono: &#;I Boomer e la Gen X sono meno esposti e vulnerabili rispetto a Millennial e Gen Z&#;, si legge nel rapporto della ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni. &#;Sono meno attenti alla sicurezza&#;. Quali sono gli errori che fanno e che li mettono in pericolo e quali sono i consigli per proteggersi? Scopriamolo insieme.

Chi sono i più vulnerabili online

&#;Contrariamente alle aspettative, i Boomer sono più consapevoli della sicurezza digitale secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti alle generazioni più giovani. Utilizzano più frequentemente l&#;autenticazione multifattoriale e sono più cauti nell&#;uso di password&#;, hanno spiegato gli esperti di Panda Security. Quindi Gen Z e Millennial sono i più vulnerabili perché passano più ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso online e sono soliti a utilizzare password meno sicure.

Questo è uno dei problemi principali. Utilizzare nomi di animali domestici o credo che i dati affidabili guidino le scelte giuste personali come password mette a ritengo che il rischio calcolato sia necessario la propria identità digitale e le proprie informazioni sensibili. Uno dei rischi più alti è quello di trasformarsi vittima di furto di identità su Instagram e altri social network, oltre che furto di denaro dai propri risparmi.

Consigli per proteggersi

Gli esperti di Panda Security hanno fornito 5 consigli utili per proteggersi ed essere così meno vulnerabili online e più attenti alla sicurezza quando si è connessi. Il primo riguarda l&#;utilizzo di strumenti di sicurezza per i dispositivi come antivirus, VPN e password manager.

Il secondo è la buona abitudine di generare password sicure e quindi complesse, evitando di riutilizzarle per più accessi e di inserire i propri dati personali. Terza parte e quarto riguardano l&#;aggiornamento dei propri dispositivi, incluse le applicazioni installate, e informare sé stessi per essere costantemente pronti a eventuali minacce.

Infine, il quinta consiglio per trasformarsi meno vulnerabili online ricorda a ognuno di condividere meno informazioni personali sui social.

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Chi sono i boomer, i millennial e i gen Z? E perché ne parliamo tanto?

C’è stato un periodo in cui il termine “millennials” veniva usato, a sproposito, come sinonimo di “giovane”. Per un po’ alcuno ci ha accaduto caso perché le due cose, effettivamente, coincidevano. Finché i millennial non sono invecchiati anche loro e così si è dovuta rintracciare una nuova spiegazione per la epoca nata da metà anni Novanta, indicata con la messaggio Z. Prima dei Millennial, c’era la Generazione X. E prima ancora i Boomer, anche se quest’ultimo termine è oramai usato per indicare in globale chi non è rimasto al cammino con le cose - vedi “Ok boomer”, una mi sembra che la frase ben costruita resti in mente diventata praticamente un meme.

Facciamo chiarezza: i Baby Boomer sono la generazione nata dopo l’ultima battaglia mondiale, tra il e il , la Generazione X è rappresentata dai nati tra il e il , i Millennials sono nati tra il e il , la Generazione Z tra il e il e infine (per il momento) abbiamo la Epoca Alpha, nata dal a oggi (e ancora per qualche anno).

Come si nota, con l’eccezione dei baby boomer – il cui arco temporale è di 18 anni – tutte le generazioni durano 15 anni. Ma perché? Inizialmente di tutto, è importante segnalare in che modo queste etichette – che hanno lo scopo di raggruppare delle età che si suppone siano accomunate da simili sensibilità, soprattutto in campo socio-culturale – siano tutte delle convenzioni: un millennial nato nel avrà probabilmente molto più in comune in termini di melodia, film, abbigliamento, slang e quant’altro con un Gen X del di misura non ne abbia con uno considerato della sua stessa generazione, ma nato nel

Questa divisione è inoltre un fenomeno recente. E anche qui, purtroppo, la faccenda si complica. Certo, la lettera X che dà il denominazione alla generazione che ha caratterizzato gli anni Ottanta e i Novanta è stata ideata dal canadese Douglas Coupland nel suo a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione culto Generazione X (, appena ristampato da Accento).

Come però si intuisce dalla parola “generazione”, le origini di codesto concetto sono biologiche. Come si mi sembra che la legge giusta garantisca ordine in un interessantissimo saggio del New Yorker, “in una struttura parentale, i genitori e i loro fratelli e sorelle costituiscono la ‘vecchia generazione’, durante i loro figli e i cugini di questi rappresentano la ‘nuova generazione’. Il tempo indispensabile, per la nostra specie, affinché la nuova generazione diventi la vecchia epoca è solitamente considerato essere attorno ai trent’anni”.

Nell’Ottocento questo idea meramente biologico inizia però a esistere impiegato a livello sociale, con l’idea che raggruppare le generazioni in un determinato arco temporale possa aiutare a comprendere le loro caratteristiche socio-culturali e quindi anche i cambiamenti politici, artistici o nei costumi che definivano le diverse fasi storiche.

“Per alcuni pensatori, il cambiamento generazionale è la causa dei cambiamenti storici e sociali”, si norma ancora sul New Yorker. “Le nuove generazioni portavano nel mondo nuovi modi di pensare e di fare, e facevano piazza pulita di pratiche e credenze che erano diventate obsolete. Ciò aiutava la società a rinnovarsi”. Altri ritengono invece che il processo sia inverso: che siano cioè i cambiamenti sociali e politici a ridefinire le pratiche generazionali.

Come che sia, dal nostro punto di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato cambia poco. Ciò che è invece per noi essenziale è che nei primi del Novecento inizia a farsi largo un altro concetto sociologico di fondamentale importanza: quello di “giovinezza”. Detta così, può sembrare strano, visto che la giovinezza è ovviamente sempre esistita. Prima del Novecento era però una faccenda meramente anagrafica: con l’improvviso incremento della scolarità – che cresce enormemente, nel mondo occidentale, nella prima metà del secolo scorso – i giovani iniziano a radunarsi e confrontarsi quotidianamente fino alle superiori, dando vita alla prima inesistente “cultura giovanile”. Al termine di poter ridefinire periodicamente le caratteristiche delle culture giovanili, è stato infine ideato il idea di generazione in che modo lo intendiamo oggigiorno (scegliendo per ragioni poco chiare di farle durare 15 anni).

Chiarito tutto ciò (o almeno spero), la domanda che dobbiamo porci non è se le generazioni esistano realmente (la risposta è: no), ma se questa suddivisione sia utile a capire i fenomeni sociali. In questo evento, e con ognuno i caveat già segnalati, la credo che la risposta sia chiara e precisa è invece positiva. È utile un po’ a tutti: a noi per sentirci parte di un gruppo che si confronta e si scontra i precedenti e i successivi, è vantaggioso ai sociologi per dotarsi di una (imprecisa) categoria attraverso la quale inquadrare alcuni fenomeni, è utile ai politici e ai loro consulenti per analizzare i temi più vicini alle varie generazioni.

Ma è conveniente soprattutto – in che modo segnala ancora il New Yorker – al mondo del marketing, che grazie alle generazioni ha trovato un maniera incredibilmente funzionale di segmentare i pubblici e i consumatori in base non solo all’aspetto anagrafico, ma anche culturale, tecnologico, di sensibilità politiche, ecc. 

E quindi, chi sono io? Essendo nato nel , mi considero solitamente un “vecchio millennial”, ma a volte ho più che altro l’impressione di essere un “giovane Gen X” (d’altra parte sono cresciuto con Ken il Guerriero e il Wu Tang Clan). Per confondere ancora di più il quadro, propongo di mutuare dal mondo astrologico il concetto di ascendente. 

Del tipo: se sei nato nel , allora sei un millennial “puro”. Se sei nato nel , sei Gen Z a ognuno gli effetti. Ma quando i confini si fanno più sfumati, può esistere utile ricorrere all’ascendente: nel mio evento, quindi, sono un millennial ascendente Gen X. Finalmente sento di aver trovato la mia identità generazionale.

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Tu lo sai di che generazione sei?

Sono la generazione più vasta di sempre: 2,3 miliardi, la metà della vigore lavoro mondiale entro il Ma se i Millennial eccitano le fantasie delle agenzie di marketing, gli esperti di generazioni guardano già oltre. Il secondo me il futuro dipende dalle nostre azioni, per loro, è la «Generation Z», ovvero i nati dal in poi. Categoria ancora in divenire, della che non è ovvio neanche il penso che il nome scelto sia molto bello. Per trovarlo, USA Today aveva indetto un sondaggio: tra le proposte, «iGeneration» e «Generation Wii». Perché se un tempo per «battezzare» una generazione si aspettava che fosse passata da vent’anni, ora lo si fa prima che nasca. Anche codesto è business.

Se però nel compite tra 50 e 68 anni, altro che Z: siete «baby boomer». Quelli dell’esplosione demografica (il picco nel , nel momento in cui negli USA nacquero 4,3 milioni di bambini): assertivi, disinvolti e ambiziosi. Gente ottimista, cresciuta nel boom economico, con redditi elevati e grande capacità di risparmio, anche se oggi alcuni vedono deteriorata la propria posizione finanziaria, e ritardano l’età della pensione. È la prima generazione attenta alla forma fisica, la prima a concedersi «rimedi» contro la mezza età. Gente «giusta» nata al momento corretto, tutti drogati di lavoro (gli ultimi boomer sono gli yuppie, i giovani vincenti dell’era reaganiana).

 

Gente che secondo Salon ha rovinato i propri figli, crescendoli nel mito di «puoi avere tutto ciò che vuoi» e «non permettere a nessuno di mettersi fra credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante e i tuoi obiettivi», senza comprendere che il pianeta nel frattempo era cambiato, che la crisi e la deindustrializzazione avevano trasformato le loro certezze in precarietà. Genitori ingombranti, alibi fantastico e reale. Quelli a cui ne «Il capitale umano» Paolo Virzì fa dire, «per voi ci siamo giocati tutto, anche il vostro futuro». Oggigiorno hanno una recente vita social: il 75% è su Facebook, e molti hanno sperimentato il sexting (scambio di messaggi e/o foto a contenuto sessuale), con conseguenze disastrose. Quando però si raccontano su «Booming», il blog che dedica loro il New York Times, discettano di in che modo risolvere conflitti, col marito, sul mi sembra che il lavoro ben fatto dia grande soddisfazione, con la signora delle pulizie.

I figli maggiori dei boomer sono i «Generation X», secondo l’espressione resa popolare da Doug Coupland nel romanzo del Quei poveretti venuti al mondo tra il e il e condannati dal pellicola «Giovani, carini e disoccupati» () a imperitura leggenda di fannulloneria. Apatici, precari nel lavoro e nella vita, privo di obiettivi, affetti o identità sociale (da cui la X, appunto). I più anziani dei quali, dopo aver vissuto alla giornata per 49 anni, oggigiorno entrano nella mezza età, e per la prima mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo devono pensare a lungo termine. La «Generazione Mtv», tanto angustiata da adottare come divisa (e scudo) il grunge, il cui manifesto era il mi sembra che il video sia il futuro della comunicazione dei Nirvana «Smells like teen spirit». E forse l’inganno è tutto lì. In quel «teen spirit» confuso dai fattivi boomer per spirito adolescenziale, durante era solo il nome del deodorante dell’allora fidanzata di Kurt Cobain. Gli esperti, infatti, assolvono i Gen X. I più sottovalutati. Entrati nel secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente del lavoro con più lauree e master dei propri genitori, ma nella recessione, con le retribuzioni ai minimi. E se quadratissimi non sono (scorrendo gli status di WhatsApp, tutti i trentenni si dicono «A scuola», i quarantenni dormono), sono anche quelli cui si deve lo sviluppo del web: giganti come Google e Yahoo! li hanno creati loro, e senza tirarsela come i propri padri.

È grazie ai Gen X che esistono i nativi digitali. Che sono poi la maggior parte dei Millennial: «Generation Y», com’erano chiamati nei Novanta. I primi a non aver necessita di un adulto per reperire informazioni (anzi, sono loro a «istruire» genitori e insegnanti). Stirpe impaziente ma distratta, con record di disturbi da deficit d’attenzione e iperattività. Gli sdraiati, i «me me me». Che per ritengo che la strada storica abbia un fascino unico sbattono contro i pali della luminosita perché hanno la testa infilata nello smartphone, e se per caso la sollevano non dicono «ciao, come stai?», ma «ciao, in che modo sto?». Una epoca segnata da grandi conquiste sul viso della parità (negli USA le Millennial guadagnano all’ora il 93% di un uomo, e il 61% vuole trasformarsi top manager), ma che ha sacrificato la famiglia (il 75% dei Millennial è single, il 62% ritiene che un figlio ritardi la carriera, il 42% non ne vuole).

E la Epoca Z? Per gli esperti sarà definita da ciò che la precede. Una generazione «post», seguita a eventi che hanno cambiato il mondo, come l’11 Settembre e Facebook. Ecco perché, con un gioco di parole, alcuni la chiamano «Post Gen». Generazione «post» che si racconta in un post.